WRC | Andrea Adamo, dagli insegnamenti di Sergio Limone a Hyundai Motorsport (e l’approccio vincente)

Andrea Adamo a tutto tondo

In un lungo colloquio Andrea Adamo ha parlato del suo passato e della sua esperienza in Hyundai Motorsport: i metodi usati, l'indole pragmatica e la scarsa voglia di perdere tempo con domande futili
WRC | Andrea Adamo, dagli insegnamenti di Sergio Limone a Hyundai Motorsport (e l’approccio vincente)

Andrea Adamo non conosce mezze misure: «Non sono qui per farmi amici, sono qui per vincere», dice di sé il team principal di Hyundai Motorsport, che guida dallo scorso anno introducendo i suoi metodi ed il suo modo di gestire un team impegnato nel WRC, conquistando al primo colpo l’agognato titolo costruttori.

Lo si ama o lo si odia, ma prima di giudicare qualcosa o qualcuno è sempre meglio conoscere meglio il suo mondo, da dove proviene e qual è il suo reale punto di vista. L’ingegnere torinese che da piccolo non collezionava figurine Panini dei calciatori ma riviste come Autosprint e Quattroruote, affascinato dalle storie del Rallye Sanremo e della battaglie tra Fiat e Lancia, si è raccontato qualche tempo fa in una lunghissima intervista concessa al portale DirtFish. Tanti gli argomenti toccati, soprattutto riguardo il suo passato e la sua attuale occupazione, perciò noi vi daremo una panoramica di alcune dichiarazioni.

L’influenza di Sergio Limone su Andrea Adamo

Tra le varie cose, scopriamo chi è stato determinante a rendere Andrea Adamo quello che oggi conosciamo, ovvero Sergio Limone, colui che ha sviluppato per i rally e per la pista vetture per Fiat, Lancia (in particolare la 037 del Gruppo A che negli anni Ottanta vinse anche il titolo WRC) ed Alfa Romeo. «Sergio era speciale» confida Adamo, che lavorò con lui dal 1995, epoca della Alfa Romeo 155, che vide a bordo anche quel Gabriele Tarquini che poi vincerà con Hyundai – e l’ingegnere piemontese – il primo titolo WTCR qualche anno più in là. «Mi chiedi delle regole e dei metodi che uso oggi – spiega al giornalista David Evans – ma per quelli dovrei tornare alle mie radici e ricordare le belle serate quando ero un giovane capo designer o giovane designer con Sergio. E ogni volta che provavamo a leggere le regole in separata sede e scambiare opinioni. Sergio è stato un grande insegnante per me su quelle questioni e ho sempre ricordato questa grande lezione per pensare fuori dagli schemi. Penso che Sergio sia uno degli uomini più intelligenti che abbia mai incontrato nella mia vita. Ricordo una frase che mi porterò sempre dentro: il dromedario è il risultato del lavoro di due ingegneri, uno che voleva fare un cavallo e l’altro voleva invece un cammello e la cosa non ha funzionato. La leadership è importante. Questa è stata una grande lezione in quei giorni in cui ci doveva essere un’organizzazione chiara. Non è il fatto che si va tutti insieme e poi vedi cosa succede. No, serve un’organizzazione chiara […]. E la leadership deve portare risultati».

La svolta con Hyundai Motorsport: dalle corse clienti al ruolo di team principal

Un salto avanti nel 2015, quando Andrea Adamo dopo le esperienze in Lola, Honda Racing e la breve parentesi in Alfa Romeo capisce che è arrivato il momento di una svolta. «Nell’ottobre 2015, mi sono detto: “Ascolta, devi cambiare vita”». Ed ecco quindi la provvidenziale chiamata nel reparto corse clienti di Hyundai. «Mi sono detto: forse dopo 25 anni nel motorsport è il momento di provare a vivere una vita normale. Dalle otto del mattino fino alle cinque del pomeriggio e poi per avere i fine settimana liberi, proviamo questo tipo di sensazioni». Il colloquio con Hyundai Motorsport «è stato il più bello e facile della mia vita. Perché era di gran lunga molto distante dal mio desiderio di farlo. Non volevo più fare motorsport. Perché era lontano dalla mia mente, mi son detto di andare comunque al colloquio perché non è bello scartare un invito. È anche una questione di rispetto delle persone».

Poi le cose sono andate diversamente da quanto si sarebbe aspettato: «Sono andato ad Alzenau [base di Hyundai Motorsport, ndr], ho incontrato molte persone e ho visto la squadra della R5. Ho fatto una chiacchierata con Michel Nandan [team principal dell’epoca, ndr] e con i rappresentanti del gruppo coreano. […] Abbiamo parlato di molte cose […]. Il responsabile delle risorse umane mi disse: “Sicuramente per questa posizione abbiamo altri candidati, intervisteremo altre persone, quindi ti forniremo un feedback tra due o tre mesi”. Nessun problema per me. La mia mente era lontana. Era qualcosa come un mercoledì, sono tornato a Torino e stavo tornando alla mia bella vita non automobilistica. Il lunedì successivo, di mattina,  sono stato chiamato dalle risorse umane per chiedermi se avrei accettato di iniziare a lavorare il lunedì dopo». In realtà Adamo iniziò a lavorare con Hyundai Motorsport direttamente un mese dopo, perché prima c’erano «da sistemare alcune cose», ma il resto è storia, con i risultati positivi con le Hyundai i30 N TCR su pista e Hyundai i20 R5 su strada. Sino poi ad un’altra chiamata, quella per sostituire Nandan alla guida di Hyundai Motorsport.

«Amavo il lavoro che stavo facendo – racconta ancora – e ho sempre sentito nella mia vita di essere stato fortunato ad avere la possibilità di svolgere una mansione che amavo nell’ambiente in cui ero impiegato. Quindi non ho mai sognato di diventare qualcosa di più di quello che ero. Ho sempre cercato di fare il meglio che potevo nel ruolo che stavo facendo e di imparare dalle persone che mi stavano portando a capire cosa fosse buono e cosa non lo fosse».

L’approccio di Andrea Adamo

«Ho preso in consegna una squadra che era vincente e ho cambiato alcune cose, e stiamo continuando ad evolvere. Ho provato a rendere le cose sempre migliori. Sono fortunato perché ci sono altre persone che hanno preso dei team di Formula 1 in situazioni molto peggiori e hanno dovuto fare molto di più per tornare a vincere […]. Sono stato fortunato a essere riuscito a vincere nel primo anno, ma ciò significa che la squadra è stata molto brava». Ma Andrea Adamo non vuole soffermarsi sul perché, prima della sua gestione, i titolo erano sempre sfuggiti. «C’erano diverse ragioni, ragioni che non ho mai veramente capito, sul perché non avessimo vinto prima. Quello che so è che ho portato il mio modo di fare le cose, la mia volontà di vincere, e anche ora so che ci sono cose che dobbiamo migliorare. A volte possiamo andare più veloci, ma a volte non possiamo migliorare così velocemente perché, naturalmente, siamo una grande organizzazione e non posso andare da loro e dire che ho bisogno di altri 10 ingegneri, 20 meccanici in aggiunta e tre milioni di euro in più. Devo affrontare la realtà e trarne il meglio. Non posso frignare e dire: “Ah, non possiamo vincere perché non abbiamo questo, non abbiamo quello”. Quello che invece devo dire è che possiamo vincere perché ho questo, questo, questo e quello. Si tratta dell’approccio che devi avere alla fine se vuoi essere un vincitore».

“Non sono un tipo sociale”

Sul suo carattere un po’ spigoloso, Andrea Adamo – che ha ammesso di non tollerare le domande stupide e chi vuole fargli perdere il suo tempo prezioso con esse («ma non ho mai negato una intervista») – ha voluto mettere le cose in chiaro: «Non sono pagato per essere il più simpatico, il tipo più intelligente nei paddock o nel parco assistenza, o l’amicone dei giornalisti o il più simpatico amico di tutti. Non sono un tipo sociale. Non sono il tipo di persona che ama le feste. Una cena con quattro persone è come un concerto rock per me. Non parlo molto, perché penso che ci siano già troppe persone al mondo che parlano molto e non ho bisogno di aggiungere più parole. Devi parlare solo se hai qualcosa da dire. Se non hai nulla da dire, non è necessario dire alcunché». Motivo per cui si è trovato in sintonia con il nuovo acquisto Ott Tanak, riservato ma con la sua stessa voglia di vincere, come ne avevamo già parlato qualche tempo fa.

 

 

 

 

 

 

 

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