Tazio Nuvolari, la leggenda più grande di sempre
Moriva 60 anni fa il Mantovano Volante
«Quando corre Nuvolari, quando passa Nuvolari, la gente aspetta il suo arrivo per ore e ore e finalmente quando sente il rumore salta in piedi e lo saluta con la mano. Gli grida parole d’amore e lo guarda scomparire.» Sappiamo bene che in questa giornata, nella quale ricorrono i 60 anni dalla morte del mitico pilota di Castel d’Ario, le parole scritte per lui da Roberto Roversi e cantate da Lucio Dalla saranno state ripetute all’infinito, quasi da non poterne più. Ci venga perdonata questa mancanza di originalità, ma raramente un personaggio storico era stato descritto così bene come nelle parole del cantante bolognese. Tazio Nuvolari è stato un mito, uno dei più grandi piloti che il mondo ricordi e senza dubbio il più grande della storia italiana. È stato per il mondo dei motori quello che Mozart è stato per la musica, il Leonardo da Vinci delle due e quattro ruote. Senza limiti, il Mantovano Volante, capace di cimentarsi con successo sia in moto che in auto.
Fu negli anni ’20 che si mise per la prima volta in sella, ad un’età che per gli standard odierni del mondo motociclistico potrebbe sembrare quasi “veneranda”: 27 anni. Eppure il suo esordio nel professionismo fu semplicemente l’inizio di una carriera che l’avrebbe portato per sempre sull’Olimpo dei motori. Ci mise meno di un anno a conquistare la sua prima gara e nel giro di poco tempo aveva già fatto suoi il Campionato Italiano e il Campionato Europeo classe 350. Certo, erano altri tempi ed un altro modo di correre, ma forse proprio per questo li suoi trionfi assumono un valore ancora più grande. Sui mezzi guidati dal mitico “Nivola” il pilota contava come forse ormai non conta più. Niente alta tecnologia e dispositivi digitali. Semplice meccanica e olio (anche di gomito). Non vogliamo togliere nulla ai piloti odierni, che nonostante le auto super tecnologiche compiono ugualmente grandissimi fatiche, frutto di impegno e lavoro incessante, per ottenere i loro risultati. Nuvolari, però, è stato e sarà inimitabile.
Passato alle auto, Nuvolari vinse tutto quello che c’era da vincere. Si portò a casa la prestigiosissima Targa Florio in ben due occasioni separate, ma forse i successi che più degli altri sono legati al suo nome sono i due alla Mille Miglia, ottenuti nel 1931 e nel 1933, entrambe le volte a bordo di un’Alfa Romeo. Non si trattava di auto qualsiasi, però, infatti erano quelle gestite direttamente dalla Scuderia Ferrari, che all’epoca fungeva da “reparto corse” del Biscione, prima ancora di iniziare a creare i bolidi ufficiali del Cavallino Rampante. La coppia Nuvolari-Ferrari è stata forse la massima espressione di quello che il mondo italiano dei motori poteva offrire a quell’epoca. Una determinazione fuori dal comune (nel 1946 terminò una corsa dopo che il volante gli era rimasto letteralmente in mano. Continuando con i braccetti di supporto, riuscì a tornare ai box compiendo un intero giro della gara e facendosi poi sostituire i comandi). Non sorprende che il Mantovano Volante fosse divenuto una vera leggenda per l’Italia intera, che si affezionò a lui sia per le sue vittorie che per la sua tragica storia personale. Sopravvisse infatti a due figli appena diciottenni. La sua strada si interruppe nel 1953, quando, al termine di alcuni anni densi di problemi di salute, un ictus se lo portò via per sempre. I funerali si tennero a Mantova e parteciparono decine di migliaia di persone e personalità, tra cui l’indimenticato amico Enzo Ferrari, a testimonianza di come, anche se la sua carriera poteva dirsi finita da qualche anno, il suo nome era ancora un simbolo per tutti.
Era l’11 agosto 1953. Finiva l’uomo, iniziava la leggenda.
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