Peugeot e la Dakar, una lunga avventura
Una storia di successi dai primi del '900 fino agli anni '90
Qual è il fil-rouge che lega Peugeot alla Dakar? La risposta affonda nel tempo, nel desiderio di avventura e nella resistenza delle sue macchine.
A memoria si ricorda un primo exploit nel 1908 di una Tipo 93 per la quale il suo pilota Gaston Liegard inventò un sistema di tappetini mobili disposti su rulli, dal tetto alle ruote, per non affondare nella sabbia, mentre un’eco ancora più grande ha accompagnato la “Mission Proust”, una carovana di quattro auto del Leone organizzata dall’omonimo parlamentare della Commissione per le Colonie, con partenza da Parigi il 4 dicembre 1929 e un percorso di 16.000 km da Algeri a Dakar via Niamey e ritorno ad Algeri via Tombouctou.
Nel 1935 la storia più curiosa. Pierrette Bideau, una graziosa e intraprendente brunetta, per raggiungere il fidanzato, militare in Africa, gira da sola tutto il Sahara affidandosi solamente al suo coraggio e all’affidabilità di una 201 roadster acquistata d’occasione con 80.000 km sulle spalle.
Saltando le competizioni agonistiche che negli anni Cinquanta hanno visto protagonista la piccola 203, arriviamo alle “Regine d’Africa”, le 404 e 504, capaci di centrare il grande slam, ossia la vittoria nella stessa stagione dei tre grandi rally africani: Safari, Marocco e Bandama.
A proposito della gara in Costa D’Avorio, nel ’77, l’ottimo Henry Pescarolo al momento della partenza non trova le chiavi e nemmeno il duplicato, normalmente nascosto nel vano motore. Ai meccanici non resta che rompere il vetro del finestrino e ricorrere al classico collegamento dei fili dell’accensione. Va via spron battuto, ma, innervosito dal ritardo, supera ogni limite e va a sbattere contro un camion.
E siamo finalmente all’epopea di fine anni ’80, le partecipazioni e i successi con la Turbo 16 Grand Raid e la 405 T16, ben quattro consecutivi dal 1987 al 1990.
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