Hayden Paddon il resiliente: “Non ho rimpianti, sono orgoglioso di essere neozelandese”
Le riflessioni di Paddon sulla sua carriera
Hayden Paddon è un caso particolare nel mondo del rally: negli ultimi anni ha fatto parlare di sé più che per le conquiste o le vittorie quanto per i suoi sfortunati tentativi di rientrare nel WRC, dopo che rimase appiedato da Hyundai Motorsport a fine 2018.
I tentativi a vuoto di Paddon di rientrare nel WRC
Dopo la prima chance nel 2019 con M-Sport, andata poi a vuoto per un incidente nei test prima del Rally di Finlandia dove si sarebbe dovuto tenere a battesimo il suo ritorno nel giro, ci fu la seconda possibilità di tornare a correre con una vettura World Rally Car Plus, sempre con M-Sport Ford, al Rally di Australia dello scorso anno, che però fu cancellato a causa dei roghi che resero impraticabile, tra le altre disgrazie, l’area di gara. Paddon in quella stagione in pratica corse solo nelle competizioni rally di casa in Nuova Zelanda e della serie Asia-Pacifico (ottenendo tra l’altro tre vittorie a bordo della Hyundai i20 AP4 su cinque round disputati) e al Rally del Galles, valido sì per il Mondiale ma al volante della Fiesta R5.
Nel 2020 la nuova opportunità grazie al supporto di Hyundai New Zealand e degli sponsor, con un budget utile per fare quattro appuntamenti nel campionato del mondo a bordo della i20 Coupé WRC. Era tutto pronto, con un programma che avrebbe compreso i rally del Portogallo, Sardegna, Finlandia e ovviamente Nuova Zelanda: peccato che quasi tutti furono cancellati a causa del coronavirus, ennesimo cigno nero che ha sovvertito i piani di rientro di Paddon nel WRC.
“Mi piace quando le cose si fanno difficili, essere della Nuova Zelanda aiuta”
«Tutta la mia carriera è stata così, siamo sempre stati in qualche modo contro ogni pronostico», ha commentato rassegnato il neozelandese ai microfoni di DirtFish, motivando la sua tempra resiliente con il fatto di provenire dal Paese kiwi, un po’ ai confini del mondo sia in senso letterale che metaforico. «Abbiamo sempre avuto un buon gruppo di persone intorno a noi e personalmente ho prosperato nelle sfide, mi diverto quando le cose si fanno difficili e sai, provenire da questa parte del mondo è più tosta per qualsiasi altro pilota europeo. Dovevamo trovare la nostra strada finanziariamente, dovevamo lavorare a modo nostro attraverso le categorie di supporto e imparare da zero i rally in cui tutti gli altri in Europa erano cresciuti, nonché imparare culture e lingue diverse, [perché] tutto è completamente differente rispetto a casa in Nuova Zelanda. […]. Non lo vedi come un male o una sfida, devi solo affrontarlo e cercare di trovare soluzioni».
Paddon in effetti non si è buttato giù, e in questi anni lontano dal WRC si è lanciato invece su progetti molto interessanti e stimolanti, come lo sviluppo della Hyundai Kona EV, vettura rally completamente elettrica, progettata grazie anche al contributo della Stohl Advanced Research and Development di Manfred Stohl, dell’Università di Canterbury e il supporto di Hyundai New Zealand, YES Power e Paddon Rallysport Group. Certo, poi quest’anno è poi saltata la possibilità di diventare tester per le gomme Pirelli che l’azienda fornirà al WRC in via ufficiale dal 2021, con la preferenza che poi è andata su Andreas Mikkelsen, ma il neozelandese tira dritto per la sua strada.
“Il WRC dovrebbe avere piloti non europei”
Non ci sono rimpianti nella vita di Paddon, insomma. «Mi sarebbe piaciuto pensare che [essere neozelandese] avrebbe potuto aiutare il WRC – riflette alla fine -. Ovviamente hai [Takamoto] Katsuta dal Giappone in Toyota ma a parte lui, prima di noi l’ultimo non europeo è stato Chris Atkinson [di nazionalità australiana, ndr]. Come campionato del mondo, penso che sia positivo per lo sport avere non europei in gara, ma ovviamente dal punto di vista della squadra non è questo ciò che conta. I team vogliono piloti che ottengano i risultati e tutto il resto. Una cosa che ha remato contro di noi abbastanza duramente in passato, credo, ma non c’è nessun rimpianto. Sono orgoglioso di essere neozelandese, è casa per me e abbiamo sfruttato al meglio la situazione».
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