Dakar | Ultime curiosità, primo ritiro nello shakedown e i venti di guerra
Le ultime dalla Dakar 2020
Meno due giorni alla partenza ufficiale della Dakar 2020, per la prima volta nella storia del rally raid più leggendario al mondo ambientata in Arabia Saudita: gli equipaggi in gara non solo sono tutti sbarcati nel regno sunnita e sono pronti per l’azione, ma hanno già svolto i primi shakedown.
Dakar 2020: le curiosità sulle verifiche tecniche ed amministrative
Anzitutto, si stanno svolgendo sino a domani le operazioni delle verifiche tecniche ed amministrative (lo “scrutineering”) per gli iscritti e i loro mezzi. Una procedura per niente banale, come è logico che sia, e che impiega dai 20 minuti ad un’ora per i controlli di tipo amministrativo e sino a due ore per l’ispezione e verifica dei mezzi, a seconda del tipo di veicolo. Dopodiché, equipaggi e team hanno il nulla osta per gareggiare e a quelli che possono vantare più di dieci partecipazioni alla Dakar (un nome su tutti: Stéphane Peterhansel, ma Mr.Dakar è in buona compagnia anche quest’anno) viene data la certificazione “Legend” (un onore pro forma, che non garantisce ovviamente alcun vantaggio in gara).
Dakar 2020: Kolomy si ritira dopo un incidente
Sono iniziate inoltre le sessioni dello shakedown e subito il primo colpo di scena: a farne le spese suo malgrado un veterano come il ceco Martin Kolomy (dieci volte alla Dakar in carriera), in gara assieme al navigatore Jiri Stross tra gli off road 4×4. Il Ford Raptor RS Cross Country dell’equipaggio del team MP-Sports stava svolgendo le prove nel deserto arabico quando ad un certo punto è uscito male da un salto, atterrando sul muso che ha sbilanciato così il mezzo: la vettura si è così cappottata alcune volte, facendo temere per l’incolumità dell’equipaggio. In realtà a farne le spese è stato il povero Kolomy, con problemi alla seconda e terza vertebra. Il ceco è stato condotto in ospedale e ha assicurato di stare bene, per quanto l’entità dell’infortunio sia seria. In ogni caso la Dakar sua e del copilota Stross (che invece non ha subito fortunatamente grossi danni alla sua incolumità fisica) è già finita prima che iniziasse.
Le controversie politiche alla Dakar 2020
Intanto però la geopolitica irrompe nel clima della Dakar. Se all’orizzonte spirano venti di guerra per l’acuirsi delle ostilità tra Iran e Stati Uniti dopo la recente uccisione del generale “più potente del Medio Oriente”, Qassem Soleimani (spina nel fianco non solo per gli USA, ma anche per gli alleati Israele ed non ultima l’Arabia Saudita), facendo temere per la stabilità di tutta l’area mediorientale (solo a settembre scorso c’è stato un attacco ai pozzi petroliferi sauditi ordito probabilmente dall’Iran, ma secondo il New York Times il regno di Mohammed bin Salman sta optando ultimamente per un atteggiamento più accomodante nei confronti dei suoi avversari regionali: reggerà questa situazione davanti ai nuovi venti di guerra?), alla Dakar tiene ancora banco la questione dei diritti umani.
La Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) ha infatti chiesto all’organizzatore ASO di tenere in considerazione la questione delle controversie sul rispetto dei diritti nel regno saudita, dalle oppressioni nei confronti degli oppositori (caso eclatante quello dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istabul nel 2018), alla situazione femminile. La FIDH ha inoltre proposto agli equipaggi in gara di contribuire attivamente alla causa per maggiori diritti in Arabia Saudita indossando un braccialetto rosa durante la gara su cui è impresso l’hashtag #FreeSaudiHeroes. Al momento non si hanno notizie sulle adesioni.
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