WRC | A tu per tu con Gus Greensmith: la famiglia, i pregiudizi e quel no al Manchester City

Greensmith si confessa a WRC Backstories

Nel nuovo appuntamento del podcast WRC Backstories il giovane pilota di M-Sport Gus Greensmith svela i lati inediti di sé e della sua storia, a partire dalla carriera nel calcio come portiere mai decollata
WRC | A tu per tu con Gus Greensmith: la famiglia, i pregiudizi e quel no al Manchester City

Torna l’appuntamento con le WRC Backstories, un podcast speciale nato in questi tempi di quarantena in cui la giornalista e volto del Mondiale Rally, Becs Williams, intervista i protagonisti del campionato per scoprire i loro lati più inediti, al di là delle competizioni e delle vittorie.

Lo “spietato” Greensmith ed il supporto della facoltosa famiglia

Dopo Thierry Neuville in questa seconda puntata l’ospite è stato Gus Greensmith, classe 1996 ed attuale terzo pilota per M-Sport sulla Ford Fiesta WRC. Il biondino britannico quest’anno è stato promosso nella squadra maggiore dopo aver gareggiato nel WRC2 ed aver sostituito l’allora infortunato Elfyn Evans sulla Fiesta WRC in due appuntamenti, oltre a correre sulla World Rally Car Plus anche il Rally del Portogallo. Di sé il pilota dice di essere un tipo «spietato», se dovesse definirsi con degli aggettivi: ad una stupefatta Williams, che ritiene come Greensmith non abbia un aspetto che comunichi spietatezza, quest’ultimo invece afferma che è una indole che appartiene anche al padre: «Tutti [in famiglia] sembriamo molto amichevoli e gentili, gente con cui puoi parlare, e cerchiamo di essere appunto delle persone affabili. Ma alla fine, ognuno nel suo campo (mio padre nel suo business [è un magnate nel settore del petrolio, ndr] e io nei rally), deve essere spietato per arrivare dove vuole. È una cosa che ho imparato da lui». Una questione che secondo Greensmith non riguarda tanto la cattiveria quanto i sacrifici che sono necessari per tagliare traguardi importanti, è il succo del suo discorso.

La famiglia del pilota è molto unita, sempre in prima fila a supportare il ragazzo nelle sue imprese sportive: imprese che non sono partite dai motori ma dal calcio, visto che il futuro alfiere di M-Sport ha iniziato come portiere «dall’età di sette anni o otto sino circa ai dodici […] ed era qualcosa che mi piaceva». Il padre però nel suo tempo libero si dedicava alle corse, passione poi trasmessa al figlio, sebbene ammetta di non aver sognato di poter fare del motorsport un lavoro. Greensmith era arrivato sino alle porte del Manchester City, e stava per sostenere un provino per la squadra maggiore, ma poi ha fatto irruzione il mondo delle corse che lo spinse a rinunciare ad ogni tipo di velleità calcistica. Nel 2012 la partecipazione nel campionato rally del CIK FIA World Championship (dove era in gara anche un certo Charles Leclerc), poi visto che la pista non gli dava grosse soddisfazioni è passato ai rally, dove le cose presero invece una piega diversa: nel 2014 arrivò infatti la vittoria nel British Junior Championship, per poi approdare l’anno dopo nel Junior WRC. Il supporto dei petrodollari di papà, grazie alla sponsorizzazione della compagnia di famiglia (la Crown Oil) consentì successivamente a Greensmith l’ingresso nel WRC2, con il debutto con una vettura WRC al Rally di Portogallo dello scorso anno, terminato però con un ritiro nonostante dei tempi molto buoni.

L’esperienza da portiere gli è stata comunque utile nei rally per allenare i riflessi e la coordinazione, spiega nel podcast, nel cui rivela che al di là delle normali apprensioni da parte della madre, non ha mia subito pressioni da parte dei genitori, che lo hanno lasciato relativamente libero. «Mio padre non finge di sapere ogni cosa sui rally», ma è sempre interessato a quello che fa il figlio nel suo «hobby serio», come lo chiama il signor Greensmith. Tutto questo spiega perché il portacolori di M-Sport è felice della presenza dei parenti nelle gare che disputa. Altro dettaglio sulla adolescenza del pilota: il padre ha voluto che il ragazzo riuscisse a completare gli studi prima di potersi dedicare anima e corpo ai rally, soprattutto quando i suoi voti hanno preso una china discendente.

Greensmith e le critiche sui social

Il pilota non nega certo il fatto che abbia dovuto contribuire al budget della squadra per poter correre, perché se lui è lì è dovuto al «75% dalla volontà di Malcom Wilson», a capo di M-Sport, e la restante percentuale per i soldi che ha dovuto mettere di tasca sua. «Non negherò mai le mie origini, da dove vengo. Ma per me si tratta più di dimostrare a tutti che se sono qui è per il duro lavoro e che ci può essere del talento da parte mia», oltre ai sacrifici per riuscire a tenersi in forma e preparato per le gare che rappresentano la punta di un iceberg, il cui sommerso sono le «le ore passate a revisionare le camera car, in palestra, con M-Sport o lavorando con la vettura». Greensmith però si ritaglia anche un giorno libero per stare con gli amici, o del tempo per giocare con i suoi amati cani per cui stravede e dai quali non riesce a stare troppo lontano.

Dopo una riflessione sulle critiche gratuite veicolate soprattutto sui social («Molti le condividono senza riflettere sugli effetti che possono avere sugli altri»), Greensmith ammette che a volte uno se le va a cercare, riferendosi agli errori compiuti nella prima gara di quest’anno al Rallye di Monte Carlo, con il testacoda che lo fece finire in un affossamento nella PS3. Però non nasconde che alcuni meme che circolano siano comunque geniali. Greensmith inoltre parla del suo rapporto con Sébastien Ogier, già compagno di squadra e che è sempre stato gentile con lui, sempre pronto a dispensare i consigli come rivela il britannico. «Ma quando ci caliamo il casco, tutto cambia».

Il rapporto con il copilota Edmondson

Tra le altre dichiarazioni di Greensmith, citiamo anche gli avvertimenti di Malcom Wilson («ci vogliono cinque anni per arrivare al livello top», ed il pilota cita appunto il caso di Elfyn Evans, esploso quest’anno come pilota di punta dopo anni in sordina), che il giovane driver prende sul serio per poter crescere e maturare come rallista. Infine dedica qualche parola sul rapporto con il navigatore Elliott Edmondson: «Sono abbastanza sicuro che non ci sarà nessun copilota britannico che si potrà avvicinare alle capacità di Elliot tra un paio d’anni, quando acquisirà una esperienza più completa. Anche adesso, è eccezionale ed è incredibilmente accurato, e questo è un tipo di aspetto davvero importante per una persona per me. E siamo buoni amici anche al di fuori delle gare. […] Una volta che siamo in auto, diventiamo professionali e quindi ci concentriamo su come possiamo fare del nostro meglio. Mentre quando siamo fuori dalla vettura, di solito mi racconta dei suoi appuntamenti su Tinder». A proposito di relazioni, Greensmith in questo momento vive in Polonia assieme alla sua ragazza finlandese (che lo ha aiutato ad imparare la lingua scandinava, assieme ai non pochi compagni di squadra del luogo), cosa più comoda per loro mentre il pilota torna dai parenti in Inghilterra soprattutto per i suoi amati cani, rivela alla fine.

Crediti Immagine di Copertina: Pagina Ufficiale Facebook Gus Greensmith

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