ELMS | Roberto Lacorte “Con il progetto Cetilar Villorba Corse speriamo di accendere la passione per l’endurance in Italia” [INTERVISTA]
L'imprenditore di Pisa sta affrontando la seconda stagione in classe LMP2 su Dallara
Dopo una stagione d’esordio nella classe regina dell’European Le Mans Series (LMP2), Cetilar Villorba Corse è pronta ad affrontare una nuova avventura, ripresentandosi al via del principale campionato endurance europeo con una Dallara. Al Paul Ricard, nel primo round stagionale, dei problemi fisici hanno causato non poche noie ad Andrea Belicchi e al resto della squadra, costringendo il pilota di Parma a gettare momentaneamente la spugna e lasciando il proprio sedile a Felipe Nasr.
Non abbiamo perso Andrea, fa ancora parte della squadra e la porta del nostro box sarà sempre spalancata per lui” ci tiene a sottolineare Roberto Lacorte, il vero artefice del programma sportivo Cetilar Villorba Corse. Con lui analizziamo le tappe di questo progetto, nato diversi anni fa con un unico obiettivo: la 24 ore di Le Mans.
Roberto, cominciamo da dove è nato tutto: quando è sbocciata la tua passione per i motori?
“Fino all’età di 39 anni l’ho covata dentro, ma ho sempre avuto la percezione che in pista avrei potuto creare qualcosa di interessante con un programma agonistico. A me piace molto lavorare ponendomi degli obiettivi da raggiungere. Si trattava di trovare le persone giuste con cui introdurre me stesso in questo ambiente, raggiungere un buon livello di guida e poi imbastire un programma intorno a questa mia passione. Durante un test con una Ferrari Challenge ho avuto la fortuna di conoscere Giorgio Sernagiotto e la strada che avevo preso insieme ad un gruppo di appassionati capitanati da Max Sigalini ha cominciato a prendere forma. Con Giorgio siamo diventati colleghi, ma in realtà lui è il mio coach driver. Insieme abbiamo condiviso non solo la parte sportiva delle corse, ma un progetto ben più ampio”.
Un progetto nato per inseguire un obiettivo: la 24h di Le Mans. Per farlo avete intrapreso insieme un lungo percorso cominciato dal basso, abbracciando il progetto di Tatuus nel VdeV.
“Siamo stati attenti affinchè ogni gara rappresentasse un piccolo investimento in ottica di un progetto più grande. Ogni scelta che abbiamo preso aveva come scopo quello di raggiungere un obiettivo che era chiaro fin dal primo momento. Un obiettivo certamente non facile, tanto che lo stesso Giorgio mi ha dato del pazzo la prima volta che gliene ho parlato. Però abbiamo lavorato con molta umiltà e piano piano abbiamo scalato la piramide dell’endurance. Siamo partiti con una CN2 in una categoria complicatissima come il VdeV francese, in cui corrono oltre trenta vetture dalle prestazioni pressoché uguali. Abbiamo sposato un progetto interessante come il lancio della Tatuus PY12, portando in pista un’auto vergine da sviluppare. È stata una bella scuola. L’anno successivo (2015) il debutto in LMP3 nella tappa italiana di Imola, nel primo anno della categoria a bordo di una Ginetta G57, per poi gareggiare l’anno successivo con una Ligier JSP3. È stata la giusta scuola prima del salto in LMP2”.
Avete cominciato il vostro percorso in Francia, correndo nel VdeV. I transalpini hanno sempre avuto una grande tradizione nell’endurance, che certamente nasce a Le Mans. In Italia cosa manca per far sì che una delle discipline più belle dell’automobilismo si diffonda come merita?
“In Italia l’interesse sta crescendo e me lo dimostrate voi che diffondete la cultura delle gare di durata. Abbiamo un potenziale incredibile in termini di comunicazione e di valore da creare, mancano dei progetti. Noi italiani abbiamo la fortuna di avere la Ferrari, che è un’entità sacra nel mondo dei motori. Ma probabilmente la stessa Ferrari sposta gli equilibri verso le competizioni sprint e formula. Tuttavia credo che un progetto come il nostro sia in grado di creare interesse e di generare attenzione su un mondo bello e romantico come quello dell’endurance”.
Il 2017 è stato il primo anno su un prototipo LMP2, classe regina dell’ELMS e tra le più competitive a Le Mans persino contro le P1 ibride. Una stagioen quasi perfetta per voi, culminata nella top ten ottenuta proprio alla maratona della Sarthe.
“La 24h dell’anno scorso è stata qualcosa di incredibile. Ogni Le Mans ha una storia a sè, sembra che decida lei chi vince e chi perde, devi essere un prescelto. Ovviamente il nostro risultato dell’anno passato non è stato frutto del caso, abbiamo lavorato molto bene e siamo arrivati alla gara preparati”.
Al di là del lato sportivo, cos’hai provato a Le Mans quando hai finalmente visto anni di lavoro concretizzarsi?
“È stato un onore. Il pubblico ti idolatra dagli spalti, facendoti sentire un eroe. Poi l’ho scoperto guidando a 340 km/h di notte perché vieni considerato un eroe. Spero di aver onorato il pubblico con la nostra corsa. Tutto il fine settimana è un’estasi di emozioni, un tripudio di sensazioni. È quasi impossibile togliersi il sorriso dal volto per tutta la manifestazione”.
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