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Viaggio nel Mondo dei Rally – Quinta puntata

Eccoci arrivati all’ultimo appuntamento con i segreti del mondo del traverso. Come annunciato la scorsa settimana per questa occasione abbiamo voluto lasciare spazio alla nostra coppia Racing Lions Andreucci-Andreussi che si è raccontata non rinunciando a qualche consiglio a chi vorrebbe intraprendere questa coraggiosa carriera.

Paolo quali sono stati i tuoi primi passi nell’ambiente dei motori?

Ho iniziato da navigatore perché non avevo grossi fondi a disposizione ma non appena possibile sono diventato pilota. Ai primi eventi ho preso parte con un’auto personale, in seguito sapendo che dava premi in denaro sono passato al Trofeo 1 disputando sei gare. Sempre in quel periodo sono stato chiamato dal Jolly Club, il junior team Lancia, per partecipare al mondiale, tuttavia dopo la prima corsa andata bene, nella seconda ho patito un guasto e nella terza il budget era terminato dato che il marchio aveva deciso di ritirarsi dal motorsport. A quel punto, ed era il 1991, sono tornato da privato con i Trofei Peugeot e diversi eventi promozionali, che raccomando a chi vuole avviarsi a questa professione, e infine nel 2000 sono diventato professionista tra le tante difficoltà economiche del movimento che, bisogna riconoscere, dopo un momento di ripresa sono tornate.

Anche il tuo Anna è stato un amore a prima vista con i motori?

No, in realtà mi sono avvicinata ai rally casualmente perché la vera mia passione  sono sempre stati gli sport individuali e in generale la competizione. All’epoca facevo sci ma per un problema al ginocchio avevo dovuto lasciare. Poi un giorno un amico mi ha portato ad una gara e  lì ho trovato diverse similitudini con le discipline che amavo, su tutte il cronometro e il focus sulla persona singola, in quanto l’equipaggio alla fine può essere considerato come un unicum. Il mio desiderio sarebbe stato quello di guidare però avendo cominciato a vent’anni ho capito che non sarei mai stata in grado di arrivare a livelli buoni. Al principio non l’ho presa seriamente perché avevo un posto nell’azienda di famiglia che mi aspettava, poi nel 2001 Paolo mi ha chiamato. E’ stata una grande sorpresa. Ad oggi dico che sono stata un’incosciente poiché alle spalle avevo solo delle manifestazioni con le 500 o le 600 e invece ciò che mi veniva chiesto era di salire su una Ford WRC. Inizialmente doveva essere solo per cinque manche e invece dal 2002 è diventata la mia vita. A chi ha il sogno di diventare navigatore dico comunque di frequentare un corso. Ce ne sono di molteplici tipologie, dalla durata di un giorno, fino a quattro/cinque, tutti organizzati dalla scuderie per un totale di una decina all’anno. Sono molto utili e danno l’opportunità di confrontarsi con dei professionisti. Ad modo essenziale è avere tenacia e fortuna, studiare e farsi trovare pronti perché quando squilla il telefono e sta passando il treno bisogna salirci e saperci restare, facendo in secondo luogo tutte le valutazioni del caso se si vuole continuare o meno.

Chiara Rainis:
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