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Paolo Andreucci e Anna Andreussi si raccontano

Al Monza Show c’erano anche loro, la coppia più bella e più unita dei traversi tricolore. Paolo Andreucci e Anna Andreussi, freschi e ormai abituali vincitori del Campionato Italiano Rally, hanno accettato di dedicarci un po’ di tempo per raccontarci la loro storia, dagli esordi al presente, senza trascurare il futuro della disciplina in casa nostra.

Paolo è vero che hai esordito con lo sci?

P– Sì, era una passione di famiglia, poi siccome i miei genitori avevano un ristorante dove andavano sempre i piloti durante il Ciocco, ho conosciuto un po’ di persone dell’ambiente tra cui Dario Cerretto che un giorno ha voluto portarmi a fare un giro sulla sua macchina e da lì è scoppiato l’amore per il rally. Al principio ho proseguito con lo sci e iniziato a fare il navigatore; alla fine quando ho capito che quello che volevo era guidare, ho lasciato il mio lavoro da maestro di sci per bambini per dedicarmi a tempo pieno alle competizioni.

Nel 2001 c’è stato l’incontro con quella che è poi diventata la tua co-pilota?

A-Tutto è nato da un invito fattomi da un amico ad andare al Montecarlo con lui. Io avrei dovuto prendere le temperature sulle speciali e in quell’occasione Paolo faceva il ricognitore. Non ci siamo neppure rivolti la parola ma un mese dopo ho ricevuto la sua chiamata in cui mi diceva che essendo piccola e leggera avrei potuto tornargli utile.

P– Sapevo poi che veniva anche lei dallo sci, uno sport che prevede un gran dispendio di energia, di forza e dedizione, per cui ho capito che era la persona giusta e che si sarebbe adattata bene anche ai motori.

E’ stato difficile agli inizi?

A– Alla fine preparare le note e una gara a livello logistico è abbastanza femminile, in più devi sempre  mantenere una certa calma, poi c’è il rovescio della medaglia, ossia devi sapertela cavare con la meccanica perché una volta in strada puoi intervenire solo tu sulla vettura, per cui anche qualora devi segnalare un guasto all’assistenza devi saperti spiegare. Venendo da studi di ingegneria civile e sapendo poco di questi argomenti ho cercato di affiancare i ragazzi della squadra in officina in modo da imparare qualcosa e poi mi sono dedicata alla palestra per fortificarmi fisicamente visto che ad esempio una ruota pesa circa 20 kg e per sostituirla devi  essere in grado di tirarla su!

Qualche anno più tardi siete diventati una coppia anche nella vita…

A– E’ una cosa che è venuta naturale perché si vive davvero in simbiosi, sempre assieme. All’inizio eravamo un po’ spaventati, temevamo che avrebbe potuto rovinare quello che era il nostro lavoro e invece ha aumentato il feeling  per cui ora mi basta uno sguardo o sentire la sua voce per capire se c’è qualcosa che non va.

Avete avuto dei modelli di riferimento?

P– Senza dubbio Cerretto, per me è stato un maestro. Mi ha preso subito in simpatia dandomi molti consigli, mi è stato vicino e siamo diventati amici; anche ora che ha aperto un agriturismo nelle Langhe andiamo spesso a trovarlo…

Parlando del campionato, com’è andato l’appuntamento di chiusura in Costa Smeralda?

P– Benissimo. La prima tappa è stata la chiave, abbiamo subito creato un gap di quaranta secondi sulla Skoda e alla fine abbiamo solo dovuto controllare. Certamente avevamo a disposizione il pacchetto migliore in termini di vettura e gomme.

Possiamo definire Umberto Scandola il tuo avversario principale in questo campionato?

P– Sì, è stato un osso davvero duro da battere! E’ migliorato costantemente e soprattutto a metà stagione era fortissimo.

Il 2012 è stato caratterizzato anche dall’episodio dei chiodi sulle speciali durante il Rally San Martino…

P– E’ qualcosa che può succedere nel nostro sport. Non abbiamo il tifo da botte degli stadi, ma magari c’è qualcuno che decide di fare certi “dispetti”, oppure sono gli stessi abitanti del luogo che non accettano per qualche motivo la presenza di una gara sulle loro strade. Non è stata comunque la prima volta, è capitato in passato, ma in questa occasione c’è stata molta risonanza mediatica anche per stessa richiesta della Skoda che ne è stata la vittima principale. Spesso per il bene della specialità si lasciava correre facendo passere tutto sotto traccia.

A– Bisogna dire che il rally viene vissuto al 100% dai tifosi che sono sempre a contatto con noi sia sulle ps, sia al parco assistenza, di conseguenza la sicurezza è affidata al buon senso delle persone. Qui non è possibile fare gli stessi controlli che si fanno in un luogo chiuso, così per colpa di qualcuno che agisce in malafede ci rimettono tutti.

Qual è stato il momento più bello e più brutto della vostra carriera?

A– Le vittorie sono sempre belle, non ci si abitua mai, per cui l’ultimo trionfo ottenuto è sempre il momento più bello, non ce n’è uno in particolare. Il peggiore è stato l’incidente di Lucca quest’anno.

P– Sì il rogo che ha visto la scomparsa di Valerio Catelani e Daniela Bertoneri è stato terribile. Eravamo amici. In quei momenti sei talmente sconvolto che non sai come agire, cosa pensare, cerchi solo di star vicino alle persone care di chi ha avuto l’incidente, poi il negativo è che esce sempre qualcuno che parla a sproposito non sapendo bene come stanno le cose. Sono eventi che si vorrebbero scongiurare, ma è davvero molto difficile.

Qual è invece la miglior vettura che avete avuto a disposizione?

P– Certamente l’attuale Peugeot 207 S2000. Quaranta risultati postivi in quaranta gare disputate sono numeri  incredibili anche a livello mondiale.

L’anno prossimo invece passerete alla 208…

A– Sì inizieremo con la meno performante R2, ma la squadra sta già lavorando sulla R5 1.6.

Nella tua lunga carriera hai potuto utilizzare pneumatici Michelin e Pirelli. Potresti fare un confronto?

P– E’ difficile fare un paragone perché le gomme sono in continua evoluzione e già da un anno all’altro cambiano tantissimo. Sarebbe come confrontare una vettura stradale moderna con una di vent’anni fa. Comunque sia Pirelli sta investendo molto e si sono visti parecchi miglioramenti su tutti i terreni anche dal punto di vista della durata.

Chi vedi come giovane del futuro?

P– Sicuramente Stefano Albertini sta crescendo bene ed è promettente.

Come mai gli italiani non riescono ad arrivare nel WRC?

P– Non è affatto facile anche perché dopo l’epoca Fiat Lancia il rallismo italiano si è un po’ seduto sugli allori. In quegli anni se avevi bisogno di aiuto chiedevi all’azienda piemontese e lei subito interveniva anche con grossi ritorni, ma dopo il suo ritiro nessuno si è più preso la briga di rischiare in prima persona. Manca forse chi crede nei giovani, però diciamo che molto è legato alle case nazionali, Citroën ad esempio vince tutto con i piloti francesi, qui in epoca Lancia vinceva Miki Biasion e Piero Liatti si era inserito tra i grandi; poi ci sono anche i periodi buoni in cui ci sono maggiori possibilità di mettersi in mostra…

Ma tu sei positivo verso il futuro?

P– Sì certo,  ma il problema  è che qui i piloti sono molto attaccati al CIR e non pensano a fare esperienza fuori. In Francia e Finlandia valutano il nostro campionato come partenza per poi passare  immediatamente ad una dimensione internazionale.  Andare all’estero dà certamente più visibilità a chi ha interesse a sfondare davvero.

Come mai secondo te neppure Simone Campedelli che è spinto da Citroën è riuscito a fare il grande salto?

P– Simone le possibilità, dopo aver disputato gare bellissime, le ha avute, ma forse in quel momento non è stato in grado di sfruttarle. In tanti avrebbero voluto avere una chance che poi non è arrivata; chi ce la fa dovrebbe farsi trovare pronto e dare il massimo.  Non darei quindi sempre la colpa ad agenti esterni, talvolta è il pilota stesso che non riesce a dimostrare quanto vale quando è chiamato a farlo.

Vedremo mai la coppia Andreucci-Andreussi nel mondiale?

P– Io ci sono stato nell’era Lancia e ho raccolto buoni risultati, quindi va bene così. Per il resto Pirelli è da qualche anno che organizza a livello gratuito la Star Driver, iniziativa rivolta a promuovere talenti e farli debuttare nel WRC. Ai miei tempi queste cose non c’erano ed era tutto più complicato. Credo che attualmente per chi vale e ha obiettivi alti le possibilità per arrivare ci siano.

Chiara Rainis:
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