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F2 | L’epilogo di Ferrucci tra inadempienze, slogan pro Trump ed atteggiamenti inadeguati

Il caso Santino Ferrucci è stato un pozzo senza fondo di controversie, e probabilmente la carriera del giovane pilota nella Formula è ormai conclusa definitivamente (forse si rifarà nella Indy). Abbiamo dato oggi la notizia del suo licenziamento in tronco da parte del Team Trident, che si avvale anche della facoltà di esigere i crediti dovuti dal devolopment driver di Haas, giudicato inadempiente. Quest’ultimo era stato un aspetto inedito di una storiaccia a base di bullismo nei confronti del compagno di scuderia e di un atteggiamento gradasso e sbruffone da parte del pilotino, che non ha fatto molto per farsi amare né dal suo team né dal pubblico.

La reazione del pubblico alle scuse di Ferrucci

Ne è riprova il fatto che il suo tweet con le scuse ufficiali di qualche giorno fa, certamente vergate dal suo entourage, hanno scatenato una valanga di critiche da parte degli utenti, oltre che sberleffi soprattutto dopo che è diventato ufficiale il licenziamento di Ferrucci. Da “bugiardo” a “cresci” ed “addio per sempre“, i commentatori non l’hanno fatta passare liscia all’italoamericano, a cui si imputa anche il fatto che non abbia speso una parola a favore del suo compagno di squadra Arjun Maini, su cui si era accanito con metodi da bullo.

Make America Great Again sulla fiancata della monoposto: la richiesta della famiglia Ferrucci

A gettare ulteriore benzina sul fuoco poi l’indiscrezione uscita nei giorni scorsi (e poi confermata da Trident) che lo stesso Ferrucci, di comune accordo con la sua famiglia, aveva richiesto in via ufficiale alla FIA di correre con impresso sulla fiancata della monoposto lo slogan che ha accompagnato la vincente campagna presidenziale di Donald Trump, Make America Great Again. L’iniziativa è stata presa per sfoggiare la massima durante il weekend di Silverstone, ma la Federazione ha risposto picche proprio perché, a norma di regolamento, ai piloti non è consentito gareggiare mostrando sulla vettura messaggi politici di ogni natura: principio valido praticamente per tutto lo sport, che in teoria dovrebbe tenersi lontano da strumentalizzazioni politiche (per fare un esempio andando nel calcio, persino Pep Guardiola è stato pesantemente multato per aver sfoggiato durante i match un nastrino in solidarietà alla causa dell’indipendenza catalana).
Da Trident lo stesso team principal Maurizio Salvatori aveva parlato al portale Crash.net di pressioni da parte della famiglia Ferrucci per esibire questa forma di solidarietà al Presidente Trump, raccontando di come gli stessi non avevano voluto sentire ragioni di fronte al diniego della scuderia che si rifaceva invece ai regolamenti. Trident così è stata costretta a rivolgersi alla FIA per un parere. Non è chiaro perché il clan Ferrucci si sia deciso quasi a metà stagione di correre con lo slogan pro Trump, fatto sta che si tratta dell’ennesima figuraccia francamente evitabile, a prescindere da qualsiasi considerazione di tipo politico che certo non ci compete.
Il pilota del Connecticut, al netto di questa stramberia (che sarebbe stata tale da qualunque schieramento fosse partita), rischia di essere ricordato come un bullo di passaggio nel motorsport più che un bad boy della disciplina come ce ne sono stati in passato e come ancora oggi se ne trovano (tipo Kevin Magnussen nella F1, e prima di lui uno come Eddie Irvine), anche perché in tal caso sono necessarie doti di personalità tali da reggere un alone carismatico.

Ora Santino Ferrucci e famiglia sono stati più o meno cortesemente accompagnati alla porta della Formula 2 e non sarà esattamente facilissimo per un pilota reo di comportamenti scorretti al limite del grottesco e per di più insolvente e con problemi di sponsor (da quanto risulta, attendiamo controrepliche) trovare un nuovo volante in qualche serie. Se dovrà tornare con la coda tra le gambe negli Stati Uniti, magari in IndyCar, è tutto da vedere, come è da vedere se quest’ultimo campionato possa accoglierlo. Per ora, non ha ricevuto neppure un tweet di solidarietà da parte di Trump: una beffa per il pilota italoamericano e famiglia.

Luca Santoro:
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