Reduce da un’altra stagione nel Campionato Italiano Rally da dominatore (siamo a undici titoli Tricolori conquistati in carriera), Paolo Andreucci ha rilasciato ai nostri microfoni una intervista in cui fa il punto sul suo 2018, vissuto pericolosamente e poi trionfalmente assieme ad Anna Andreussi (e per una parentesi a fianco di David Castiglioni), metà vincente di un connubio che continua a macinare record nel panorama rallistico nazionale.
Dopo una stagione che è diventata via via complessa e faticosa l’equipaggio sulla Peugeot 208 T16 si prepara ad una nuova annata: Andreucci ci ha parlato anche del futuro prossimo venturo, del format attuale del CIR e di come dovrebbe essere e dei momenti più duri di questo 2018.
Le fatiche nel CIR 2018
Temevo il peggio ma poi sono riuscito a recuperare in tempi record, e le condizioni per andare avanti e portare a casa il titolo ci sono state tutte
Paolo, al di là della sicurezza che ti dava la matematica e il tesoretto di punti accumulato all’inizio della stagione, ti ha sfiorato l’idea nella seconda parte che la conquista del titolo non sarebbe stata così a portata di mano? O le tue certezze sono sempre state incrollabili?
In questa stagione siamo sempre andati bene: fin dal 2009, siamo sempre stati quelli che hanno beneficiato di una grande affidabilità della propria vettura ed anche quest’anno la situazione era rosea. Sin dal Ciocco abbiamo portato a casa buoni risultati e la situazione sembrava consolidarsi a nostro favore. Purtroppo, però, l’incidente del 13 luglio ci ha rallentati e poteva farci compromettere la stagione. Temevo il peggio ma poi sono riuscito a recuperare in tempi record e le condizioni per andare avanti e portare a casa il titolo c’erano tutte. Abbiamo passato un brutto momento, vero, ma la logica diceva che potevamo vincere più degli altri e ci siamo rimessi in moto con grande determinazione, prima io con David Castiglioni e poi con la mia Anna, una volta ristabilita anche lei.
Al Rally di Roma Capitale ti sei presentato praticamente una settimana dopo l’incidente che ha coinvolto te ed Anna Andreussi in prova in Liguria. Come si riesce a mantenere la concentrazione ed il sangue freddo a bordo di una vettura dopo quello che è successo? Ti ha sorretto di più l’esperienza o sei stato spinto da una micidiale volontà di non lasciare campo libero agli avversari, in ottica titolo?
A Roma è stata dura, più per stare dietro alle visite della riabilitazione (molto macchinose e poco immediate da comprendere) facendomi saltare le ricognizioni e complicando il tutto. Per fortuna l’organizzatore è stato più pratico dei medici e mi ha supportato per risolvere, di questo lo ringrazio. L’esperienza è stata sicuramente importante, ma quel che forse ha contato di più è la determinazione, la volontà di non mettere la parola fine alla corsa per il titolo. Lo volevo e me lo sono conquistato rimettendomi subito in gioco.
Questa stagione non è stata facile anche per il carico di polemiche che hanno acceso la seconda metà di stagione. L’esposto di Donazzan, i sospetti e le malizie (non suffragati da prove) su una combine Pirelli che riguardava anche un tuo avversario: paghi il fatto di dominare il campionato? Pensi ci possano essere i margini per una ricomposizione pacifica – e mi riferisco in particolare allo scontro tra Orange1 Racing e Peugeot Italia?
Preferisco non commentare questa ennesima polemica che nasce nel mondo dei rally italiani.
Hai dichiarato che la vettura non verrà stravolta in vista della prossima stagione. Tuttavia sugli sterrati di quest’anno abbiamo assistito a qualche problema di affidabilità per la 208 T16 (al San Marino Rally, che ti è costato un ritiro), oltre ai grattacapi dell’Adriatico. Sono questi i dettagli su cui lavorare per rendere la Peugeot al top anche su terra?
Non sono previsti sviluppi sulla 208 ma questo non ci deve spaventare, perché l’auto è molto affidabile oltre che ancora molto competitiva. E’ la più anzianotta del campionato, ma le ha suonate alla concorrenza e penso andremo unicamente ad ottimizzare ancor più le regolazioni dell’auto, nulla più. Questo salvo novità dell’ultima ora.
Il futuro del Tricolore
Le ricognizioni abusive sono il doping dei nostri rally. Credo che il 99% dei risultati dei rally italiani siano dopati
A proposito di sterrati, pare che possa essere riconsiderata la loro presenza nel campionato 2019, se non cancellati del tutto. Alcuni tuoi avversari, come Umberto Scandola o Simone Campedelli, si sono detti contrari alla soppressione dei round su questo fondo e anzi, se possibile favorevoli ad aumentarli. Qual è il tuo punto di vista?
Se venissero messe a calendario delle belle gare, sarebbe interessante! Ma che siano belle, magari con diversi tracciati e non come ripetizione continua dello stesso in tutte le salse. Bisogna pensare a come coinvolgere al meglio il pubblico, organizzando prove speciali che possano essere raggiungibili e spettacolari per loro.
Il CIR 2019 prevede alcune novità, come l’introduzione di criteri meritocratici per gli organizzatori dei vari appuntamenti e la stretta sulle ricognizioni. Che ne pensi di queste modifiche al format?
Giusto premiare chi lavora bene. Le ricognizioni abusive sono il doping dei nostri rally. Credo che il 99% dei risultati dei rally Italiani siano dopati. Non si è fatto nulla per anni per arginare questo problema e chi è stato onesto lo ha pagato. Questa commissione ha preso a cuore questo problema e mi fa piacere che ci sia l’intento di trovare una soluzione.
Il futuro di Paolo Andreucci
Se ci fosse un bel programma all’estero lo considererei. L’ambiente che si è creato per colpa di certe persone nel CIR non mi piace molto
Hai fatto capire più volte, ancora prima dell’undicesimo titolo, che non intendi fermarti sino a quando continuerai a divertirti, ad appassionarti – e a vincere, ovviamente. In tutta sincerità, c’è qualcosa che invece potrebbe farti cambiare idea?
Si, mi potrebbe far cambiare idea un bel programma agonistico all’estero. L’ambiente che si è creato per colpa di certe persone nel CIR non mi piace molto. Per fortuna c’è chi se ne occupa e spero che si sgombri il campo da certe polemiche.
Nella nostra intervista precedente avevi detto che ti piacerebbe correre la Dakar ma i costi sono proibitivi. C’è un modo di dire passato alla storia che recita “meglio essere primo qui che secondo a Roma” (con tutto il rispetto per il CIR): parafrasandolo, meglio primi nel Tricolore entrando nella storia, che rischiare risultati meno brillanti altrove? O la coppia Ucci-Ussi sente di poter dimostrare il proprio valore in altri contesti?
Non intendo mollare, perché adoro correre e soprattutto vincere e questo, per fortuna, mi sta ancora riuscendo! Se mi venisse proposto un programma alternativo, lo valuterei sicuramente.