CIR | Pietro Ometto: “Far parte dell’equipaggio ufficiale Citroen Italia ripaga una vita tra gavetta e sacrifici” [INTERVISTA]
Intervista al navigatore Pietro Ometto
Sino a qualche giorno fa abbiamo ospitato in queste pagine la rubrica Piloti In Quarantena, ovvero uno sguardo sulle vite dei protagonisti del motorsport in tempi di pandemia (da una idea del nostro redattore Luca Basso). Ora che siamo nella Fase 2 delle parziali riaperture e del timido ritorno alla libertà continuiamo comunque nel nostro viaggio nella quotidianità dei piloti in un momento che resta di incertezza, visto che per ora non si capisce bene né se, né quando, né come ripartiranno le competizioni.
In questa nuova fase abbiamo voluto intervistare un navigatore impegnato nei nostri campionati rally, ovvero Pietro Elia Ometto. Classe 1992 e impegnato nella disciplina sin dai primi anni Dieci, il veneto è reduce dalla condivisione del titolo di vicecampione CIR 2019 assieme ad Andrea Crugnola, pilota con il quale da quest’anno condividerà la C3 R5 ufficiale per una nuova stagione di Citroen nel Campionato Italiano Rally. Poi c’è stata l’irruzione del Covid-19, con il posticipo continuo della partenza del Tricolore Rally a scombinare i piani del giovane equipaggio fresco di promozione.
Pietro Ometto ha cominciato la sua carriera di navigatore a 19 anni, riuscendo anche a competere all’estero in alcuni appuntamenti dell’ERC e del WRC (tre apparizioni al Rallye di Monte Carlo, per dire, ed anche al Rally Australia). Oggi per il copilota veneto si prospetta un futuro (che speriamo sia quanto più prossimo possibile) da salto di qualità : ma ecco cosa ci ha raccontato del momento attuale e della stagione che lo aspetta.
“Due mesi senza gare sono tanti”
Come sta procedendo questo lungo periodo di lontananza dalle gare?
«Anzitutto grazie per l’intervista. Sicuramente sto vivendo un periodo molto lungo: ho dato uno sguardo ai calendari degli anni scorsi con gli impegni che ho avuto e ho scoperto di non aver passato mai così tanto tempo, più o meno dal 2015, senza salire sul sedile di destra di una vettura da gara. Tra test e gare a fine anno, o comunque facendo magari dei test prima del Rallye di Monte Carlo o altre competizioni del periodo invernale, non avevo mai trascorso così tanto tempo, più o meno cinque anni, senza salire in auto. Due mesi sono tanti, e sicuramente non è facile, perché alla fine quando uno fa ciò che ama di più la cosa poi gli manca, e quindi non è facile. Però metto al primo posto la salute delle persone, quindi la sanità deve essere prioritaria. Aspettiamo con ansia la possibilità di trovare una soluzione sicura per tutti per poter tornare a correre, in una modalità sicura ed efficace.
In questo periodo ho sicuramente cercato di mantenermi soprattutto pronto ad un possibile inizio, il ritorno insomma alle gare, anche perché piani a lungo termine non si riescono a fare. Mi auguro di ricevere la telefonata o leggere che si potrà tornare a correre il più presto possibile. Perciò ho cercato di farmi trovare pronto a livello fisico, facendo esercizi a casa durante il lockdown o anche adesso che si può uscire: andare a correre, mantenermi con gli esercizi con quello che si riesce a fare, o anche mangiando bene (e questo è un altro grosso lavoro che uno può fare, tenendo stabile il peso). Ho guardato anche i cameracar, tenendomi allenato al colpo d’occhio quando sei dentro l’auto ed in gara».
A costo di dire una banalità , tra le doti di un buon navigatore c’è sicuramente la concentrazione ed il sangue freddo. La tempra nel gestire le gare è tornata utile in questo periodo?
«Sicuramente la concentrazione ed il sangue freddo possono essere un’ottima caratteristica per un navigatore, perché tendenzialmente la figura “calda” di una vettura da rally è sempre il pilota, perciò se anche il copilota è “caldo”, la situazione si fa esplosiva. Quindi, uno dei due deve essere un po’ la mente della situazione e gestire eventuali imprevisti nel miglior modo, avere sangue freddo e così via.
Io tendenzialmente sono abbastanza tranquillo di mio, non sono uno che si agita. Forse alle volte sono pure troppo tranquillo, cosa che fa parte del mio carattere. Perciò sangue e freddo e concentrazione sono fondamentali per un navigatore: in particolare la concentrazione deve essere sempre altissima, non solo durante le prove speciali, come per un pilota: un navigatore deve esserlo da quando si sale in auto la mattina, dal parco di partenza, a quando si consegna la tabella di marcia all’ultimo controllo orario, con in mezzo quindi prove speciali, trasferimento, assistenza, per tutte le ore di gara. Il pilota nei trasferimenti deve pensare solamente a guidare e a rispettare il codice della strada, con il copilota al suo fianco che resta concentrato, mentre l’altro può rilassarsi un po’, diciamo.
Come ti dicevo prima io sono una persona tendenzialmente tranquilla a livello caratteriale, a volte fin troppo, ma ti dirò che non mi sono trovato poi così male in questo periodo di quarantena. Diciamo che magari impari a valorizzare le cose diverse, e vederle con un occhio differente dalla vita normale. E comunque essendo abituato a stare fuori di casa più di 150 giorni all’anno non è facile stare forzatamente a casa per due mesi di fila. Non è facile, però ci si adatta. Anche lo spirito di adattamento deve essere una grande dote di un navigatore, soprattutto se deve affrontare più piloti nel corso della sua carriera».
Le condizioni difficili del primo test con la Citroen C3 R5
Prima di questo stop forzato con Andrea avete avuto modo di provare la C3 R5: considerato questo primo test, cosa vi aspettate da questa vettura in termini di prestazioni ed affidabilità , al suo secondo anno nel CIR?
«Il primo contatto con la Citroen C3 R5 non è stato sicuramente dei più facili. Abbiamo vissuto una giornata molto, molto piovosa, tanto è vero che verso mezzogiorno abbiamo dovuto sospendere tutto perché c’era talmente tanto vento e tanta acqua che scendeva dal cielo che era impossibile fare qualsiasi cosa. Abbiamo perciò sospeso e siamo tornati a casa.
Non vediamo l’ora di poter fare un test sull’asciutto, sul bagnato abbiamo fatto pochi chilometri però il feeling è stato subito buono. La vettura lo stesso sembra molto, molto buona e perciò le impressioni sono state ottime sin da subito».
“Ripaga tanti sacrifici e tanta gavetta far parte dell’equipaggio ufficiale Citroen Italia”
In una recente intervista concessa a Maurizio Barone hai parlato della difficoltà di rimanere sulla cresta dell’onda, più dell’arrivarci: non pensi comunque che l’occasione in un programma ufficiale come quello fornito da Citroen ripaghi tanta gavetta?
«Sì, in riferimento a quanto avevo dichiarato in quella intervista, diciamo che il fatto di far parte di un equipaggio supportato da una casa ufficiale con Citroen Italia nel CIR è certamente il coronamento di uno dei tanti sogni che credo ogni persona che voglia entrare a far parte di questo sport possa ambire. É il raggiungimento di un obiettivo, però non è un traguardo, ci tengo a dirlo. Non è poi così scontato che una volta che sei arrivato lì tu ci possa rimanere. Quindi bisogna lavorare ancora di più per rimanerci nel punto in cui sei giunto. Nello sport in generale, in qualsiasi disciplina, quando raggiungi degli obiettivi devi lavorare ancora di più, perché se non continui a migliorarti sei fregato. E vale per qualsiasi cosa, per il mondo del lavoro, lo sport e così via.
Vedermi come membro dell’equipaggio ufficiale di Citroen Italia mi ripaga molto e mi dà una grande soddisfazione, soprattutto se guardo indietro a quanto ho fatto e per tutte le persone che mi hanno supportato – e sopportato – in questi anni da quando ho iniziato a muovere i primi passi nel mondo rally, prima come ragazzo dell’assistenza (smontavo gomme, lavavo vetri…), poi come navigatore per un amico e da lì non mi sono più fermato, con un percorso in crescita. L’occasione con Citroen Italia ripaga tutta la gavetta ed i sacrifici, nonché tutte le risorse impiegate in questi anni».
Le ultime due stagioni sportive vissute da Pietro Ometto: “Amo correre all’estero”
Nel 2018 hai vissuto una stagione con tante occasioni all’estero tra ERC e WRC, l’anno dopo ti sei laureato vicecampione CIR con Andrea Crugnola, e quest’anno sei parte di un equipaggio ufficiale per Citroen. Un crescendo per ora interrotto dalla pandemia, che al momento ha congelato la partenza dei campionati. Credi che la stagione possa essere ancora recuperata? E se sì, che CIR sarà ?
«Anzitutto il 2018 è stata una stagione molto intensa, in cui ho svolto molte gare all’estero, ho avuto questa fortuna, tra gare in Germania dell’ADAC Opel Rallye Cup, l’Europeo Junior e alcuni appuntamenti del WRC tra cui l’Australia. È stata una stagione che mi ha dato molta soddisfazione a livello di qualità di gare svolte, perché comunque erano eventi con chilometraggio lungo, all’estero… una bella soddisfazione avere il privilegio di poter fare queste gare. Tra l’altro sono uno di quelli che preferisce correre all’estero. Anche la stagione 2019 è stata di grande soddisfazione dal punto di vista prestazionale se la paragoniamo all’anno prima, perché abbiamo ottenuto un sacco di vittorie nelle prove speciali, con Andrea siamo sempre stati molto veloci e diciamo che lui ha raccolto parte di quanto seminato nel 2018, perché quella stagione è stata la sua prima esperienza a tempo pieno nel CIR. Nel 2019 abbiamo iniziato a correre insieme, e lui aveva il bagaglio di esperienza che ha sfruttato al meglio. È stata una cosa un po’ inaspettata per me essere chiamato al suo fianco, però diciamo che ci siamo trovati bene sin da subito e siamo stati subito competitivi, anche se magari avevamo un po’ meno mezzi rispetto ai nostri avversari. Però è stata una grande soddisfazione anche la stagione 2019.
Per quanto riguarda il CIR 2020, quello è un grosso punto di domanda. Come ti dicevo deve esserci al primo posto la salute delle persone, quindi bisognerà trovare una soluzione magari provvisoria per disputare le gare. Sicuramente sarà un programma ridotto, con delle gare più corte, ma sono tutte supposizioni: stiamo aspettando che qualcuno decida il nostro futuro e che ci dica se possiamo correre, in quale modo, quando, eccetera [oggi è stata ufficializzata da parte di ACI Sport la ripartenza dei test anche con i rally, ndr]. Prima ci sono altre esigenze da sistemare poi si vedrà come agire con il riavvio del motorsport. Sicuramente si deve cercare di far partire il tutto il prima possibile, perché i noleggiatori hanno bisogno di dare le auto e quindi incassare i soldi, i piloti hanno bisogno di correre, gli organizzatori di poter fare le gare».
Il rapporto di Pietro Ometto con i suoi piloti
Hai dettato le note a molti rallisti di spessore, da Luca Rossetti a Simone Campedelli, passando per giovani di prospettiva come Mattia Vita ed Alessandro Nerobutto. Il copilota a volte però viene però quasi trattato come un comprimario, a volte neppure citato nelle cronache delle vittorie di un equipaggio. Se potessi spiegare l’importanza del tuo ruolo alla pari del pilota, cosa diresti?
«Ho avuto la fortuna di salire a bordo assieme a piloti forti e magari anche consolidati, ed anche di ritrovarmi al fianco di giovani promettenti. Sicuramente la figura del navigatore è molto importante, io penso che un pilota – soprattutto ad alti livelli – debba pensare solamente a guidare: tutto il resto è materia per il navigatore, quindi il pilota deve essere “guidato” per tutto l’arco temporale di una gara. Solo in questo modo, avendo la mente libera, può riuscire ad andare il più forte possibile ed esprimersi al meglio.
Ho cercato di rubare da piloti con grande esperienza qualche consiglio ed aspetto del loro metodo che mi piaceva. Anche loro, abituati a loro volta a lavorare con copiloti professionisti più esperti di me, vedevano magari qualcosa che non facevo io o che facevo un determinato modo e quindi mi consigliavano, dicendomi “guarda che il mio vecchio navigatore faceva così”; perciò possono essere suggerimenti utili. E poi per i giovani ho potuto dare, credo, un aiuto per crescere perché sono giovane anche io, però penso di avere abbastanza esperienza in determinate gare e quindi a volte sono riuscito a dare dei consigli che sicuramente sono serviti».
A volte piloti e navigatori, anche quelli che fanno coppia fissa da alcune stagioni, ammettono di non parlarsi molto al di là delle gare. Ti è mai capitato di condividere l’abitacolo con qualcuno con cui non c’è stata alcuna sintonia?
«Nei rally ci si ritrova a trascorrere moltissimo tempo, oltre alla gara in sé, assieme al proprio pilota o navigatore. Consideriamo che in una gara del CIR si sta via più o meno dal mercoledì a domenica, mentre nelle gare del WRC addirittura si comincia dal weekend prima e si finisce il lunedì successivo, quindi può succedere di trascorrere insieme settimane intere, o magari più di una settimana se eventualmente dopo la gara ci sono dei test da fare. Quindi il rapporto deve essere buono, ed un buon rapporto aiuta ad avere un clima tranquillo e sereno in situazioni difficili che si possono verificare durante una gara o il campionato. Se questo rapporto è buono in partenza, è molto più facile gestire le cose. Mi è capitato di correre con dei piloti con i quali i rapporti personali non erano al top, però la maggior parte delle volte sono riuscito ad instaurare un buon clima, con alcuni solo professionale, con altri anche di amicizia».
Crediti Immagine di Copertina: Citroen Italia
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