Giancarlo Fisichella: “Nell’Endurance bisogna lavorare di squadra e scendere a compromessi con i propri compagni” [INTERVISTA]
"È l'opposto di ciò che avviene in Formula 1" ha commentato il pilota romano
DA MONZA – La stagione sportiva di Giancarlo Fisichella è stata decisamente intensa in questo 2018. Settimana scorsa il pilota romano ha concluso la stagione del Campionato Italiano GT in quarta posizione, mentre il suo impegno nel WEC con il team Spirit of Race proseguirà per tutto l’inverno.
In occasione delle Finali Mondiali 2018, che sono in corso di svolgimento a Monza in questi giorni, Fisichella si è concesso ai nostri microfoni per fare un bilancio della propria stagione agonistica e della sua seconda carriera nel mondo del Gran turismo.
Giancarlo, lo scorso fine settimana è andato in archivio il Campionato Italiano Gran Turismo, qual è il bilancio della stagione?
“Sicuramente molto positivo, sono tornato a correre in un campionato italiano dopo moltissimi anni e ho gareggiato per la prima volta con il team Baldini, con cui mi sono sentito subito a mio agio. Abbiamo vissuto una prima parte di stagione veramente ottima, in cui siamo sempre stati nelle prime posizioni. Purtroppo a partire dal round di Monza siamo incappati in un momento sfortunato: abbiamo ricevuto una penalità ingiusta per Jump Start, che ha inciso parecchio sul risultato finale. nell’ultimo appuntamento del Mugello abbiamo vinto la corsa del sabato, ma domenica sotto la pioggia un treno di gomme, a mio avviso marcio, ha pregiudicato la nostra prestazione. Nel complesso però è stata una stagione positiva, ho corso di nuovo su molte piste italiane molto belle ma ingiustamente snobbate dai campionati internazionali”.
Accanto a questo impegno, stai prendendo parte al WEC nella classe GTE AM, una novità per te che eri stato pilota ufficiale nel team AF Corse in GTE PRO. Come cambia il ruolo di un pilota professionista nelle due classi?
“È molto diverso: l’equipaggio è composto da un pilota gentleman e da uno Silver, oltre a me che godo dello stato di Platinum. Il livello di esperienza dei tre piloti è quindi molto diverso. Per me, che sono il punto di riferimento dell’equipaggio, è molto importante lavorare a stretto contatto con il pilota gentleman, passare molto tempo con lui e con l’ingegnere, confrontare la telemetria e accompagnarlo nel corso della stagione in un cammino di crescita. A Spa e Silverstone abbiamo avuto due corse sfortunate, ma a Le Mans abbiamo disputato una gara fantastica, salendo sul secondo gradino del podio. Personalmente ho dato il massimo per tutta la corsa, i miei compagni hanno fatto un ottimo lavoro, girando con un buon passo e senza commettere errori”.
Il calendario del Mondiale Endurance quest’anno è bizzarro, dura più di un anno solare e include ben due 24 ore di Le Mans. Cosa ne pensi e ritieni che avere un calendario “scolastico” possa aiutare la categoria a crescere nel futuro?
“È molto strano, sono sempre stato abituato a correre una stagione nel corso di un anno solare. Correre due 24 ore di Le Mans all’interno dello stesso campionato è decisamente atipico. Penso che l’intenzione sia di smarcarsi dall’attenzione mediatica che la Formula 1 attira, vedremo se darà i frutti sperati”.
Com’è stato il tuo adattamento al mondo delle gare di durata e quali differenze hai trovato rispetto alle gare sprint a cui eri abituato?
“Innanzitutto devi dividere la macchina con altri due piloti e devi trovare un compromesso sia per quanto riguarda l’assetto, sia per il tempo in pista a disposizione durante le prove. Spesso, infatti, occorre lasciare la vettura al pilota meno esperto o meno veloce per il bene dell’equipaggio. È un lavoro di squadra, totalmente diverso da ciò che accade in Formula 1, in cui il tuo compagno è il tuo primo avversario e devi cercare di stare davanti almeno a lui. Ho quindi dovuto cambiare approccio, ma mi sono adattato in fretta. Quello che più mi piace di queste corse è il fatto che si può recuperare molto terreno durante la gara. Ricordo ad esempio di aver vinto la Petit Le Mans nonostante avessi un giro di svantaggio nelle fasi iniziali, oppure il successo alla 24 ore di Le Mans dall’ultimo posto in griglia”.
A proposito della Petit Le Mans, hai corso alcuni anni in America. Cosa possiamo imparare noi europei dal motorsport oltreoceano?
“In America hanno piste ancora vecchio stile. Sono un po’ più pericolose di quelle europee e questo non è buono per la sicurezza, ma alcune sono veramente bellissime. I team sono molto professionali, ma il professionismo è più genuino, amichevole, l’atmosfera che si respira nel paddock è diversa, e anche il pubblico è più vicino”.
Venendo invece alle Finali Mondiali, qual è la tua auto preferita tra quelle presenti?
“L’FXX K è un’auto dalla linea meravigliosa e con tantissimi cavalli, è stata prodotta in numero ridotto e questo rende tutto ancora più magico. Ci sono poi le vecchie F1, stupende, e le auto esposte nello stand hanno fatto la storia del cavallino”.
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