Il campionato WRC 2020 non è nato sotto ottimi auspici: l’addio di Citroen al Mondiale Rally consumatosi alla fine della scorsa stagione, il forfait nel calendario di quest’anno del Rally Cile per turbolenze politiche, il programma di gara in Svezia decurtato per via delle temperature miti e per l’assenza di neve hanno caratterizzato sino ad ora una stagione da legge di Murphy (e non vogliamo affrontare il discorso coronavirus, cigno nero che sta sparigliano le carte anche tra i grandi eventi sportivi). Adesso arriva un’altra tegola, questa volta legata al Rally Safari del prossimo 16-19 giugno.
L’escalation di al Shabaab, che minaccia il Kenya
La gara riporta il WRC in Africa per la prima volta dal 2002, anno dell’ultima apparizione nella competizione iridata dell’evento con base in Kenya. Proprio in questo Paese si agita la minaccia del gruppo terroristico al Shabaab, formazione jihadista di origine somala, che ha messo nel mirino il vicino territorio con capitale Nairobi, reo di essere intervenuto militarmente proprio in Somalia. Per dire, la recentissima Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2019 del nostro DIS, presentata proprio nella giornata odierna a Roma, conferma una costante ascesa di al Shabaab grazie ai «consolidati rapporti con le locali reti criminali», sino ad avere la capacità di compierete attentati a Nairobi, «come dimostrato dal cruento attacco al Dusit D2 Hotel del 15 gennaio 2019», dove persero la vita 21 persone. La formazione aspira a colpire obiettivi che vanno oltre la Somalia allungando quindi la propria ombra nella confinante Kenya, come conferma l’allarme dato recentemente anche dall’ambasciata americana di stanza a Nairobi, che teme altri attentati negli hotel.
Questo per sommi capi il contesto del Paese africano che preoccupa i team ufficiali impegnati nel WRC, come risulta da una serie di spifferi riportati dal sito DirtFish. Pare che a destare qualche apprensione sia in particolare il tratto di trasferimento dalla superspeciale in zona Nairobi al parco assistenza di Naivasha, a nord ovest della capitale.
Gli organizzatori del Rally Safari escludono un problema sicurezza
Gli organizzatori, per bocca del direttore generale del Rally Safari Phineas Kimathi, minimizzano le preoccupazione anche per la distanza tra la zona dell’evento e il confine somalo, molto più a nord est, ma non solo. «La sicurezza è la nostra responsabilità. L’unica cosa che possiamo dire è che [i team e tutti gli addetti ai lavori] saranno al sicuro perché ospitiamo un evento mondiale nel nostro Paese. Il Kenya è un Paese tranquillo con sacche di insicurezza al confine con la Somalia, e questo perché non esiste un governo funzionale in Somalia. Tutti lo sanno. Non ci fermeremo perché alcuni radicali con armi illegali sparano contro alcuni civili innocenti [sic], ma non dove stiamo organizzando l’evento [ancora sic]». Kimathi forse pecca di mancanza di tatto in queste dichiarazioni, ma non pago rilancia: «Abbiamo un livello di sicurezza migliore rispetto a molte città in Europa».
Il direttore generale poi la butta sull’esistenziale: «Si sa che gli esseri umani temono l’ignoto. Capiamo da dove provengono queste paure perché non conoscono il Kenya, non conoscono l’Africa. Comprendo le loro paure. La linea di fondo è che abbiamo organizzato un evento promozionale per il WRC di successo e abbiamo portato qui praticamente tutti dalla FIA al WRC [riferendosi al Promoter, ndr], ed erano soddisfatti di ciò che abbiamo fatto. Da qui che ci è stato concesso lo status per diventare un evento WRC in tutto e per tutto». Per sostenere la sua tesi, Kimathi fa l’esempio del Mondiale Under 20 di Atletica che verrà ospitato in Kenya una settimana prima del Rally Safari, orgoglioso del fatto che la IAAF abbia creduto nel Paese e nei suoi standard di sicurezza.
Le altre difficoltà per il Rally Safari
«Abbiamo le migliori forze che hanno prestato servizio nelle Nazioni Unite – prosegue la sua arringa Kimathi – in qualita di forze di peace-keeping in Bosnia e in molti altri Paesi. Le nostre forze sono rispettate e sono in grado di salvaguardare la nazione. Quando si parla di terrorismo, se ne trova di più in molte altre parti del mondo rispetto al Kenya». Nel frattempo l’organizzazione ha dovuto affrontare altre difficoltà nel mettere in piedi il Rally Safari, come gli espropri delle terre nei tratti in cui si correranno le prove speciali e con gli accordi da concludere con i proprietari, sebbene Kimathi si dice fiducioso che non ci saranno problemi quando bisognerà siglare i contratti. In ogni caso però avverte: «La legge del Kenya è molto chiara. I contratti non sono documenti, è possibile stipulare un contratto durante una conversazione e quello sarà vincolante. Se ti prometto che ti darò un lavoro e poi ti caccio in tre o quattro giorni, allora puoi portarmi in tribunale».
La FIA monitora la situazione
In tutto ciò, il direttore per il settore Rally in seno alla FIA Yves Matton assicura che la Federazione sta monitorando la situazione del Safari con gli organizzatori locali, attenzionando soprattutto il tratto a rischio da Naivasha a Nairobi. Matton però a DirtFish assicura che questa è la procedura che in linea di massima si segue per ogni evento che ospita il WRC. E conclude con una nota di ottimismo: «Posso rivelare dalle persone che si recano Naivasha – e abbiamo gente della task force sportiva che ci va quasi ogni mese – che non c’è nessun problema in quella zona […]. Per il momento non abbiamo ricevuto alcuna segnalazione sulla sicurezza, ma monitoriamo la situazione da vicino».