Proseguendo nell’intervista abbiamo poi posto alcune domande di carattere generale riguardo il simulatore di casa Trident, interessati nel capire quali fossero le motivazioni che spingono un Team ad investire nella realizzazione di un simulatore di guida e soprattutto comprendere quali siano i benefici ottenuti da un pilota nell’utilizzo di un tale strumento. Interrogativi a cui l’Ing. Eduardo Giménez e Luca Zerbini ci hanno risposto in maniera esaustiva.
«Il nostro è senz’altro uno strumento pensato “ad hoc” per ottenere riscontri specifici gara per gara in modo da permettere al pilota di praticare una sorta di “allenamento” in preparazione della gara in arrivo, ma anche di sviluppare e migliorare il lavoro effettuato in pista durante la stagione, studiandone i dati sia di gara che di qualifica, per rendere la simulazione il più realistica possibile e per perfezionare il lavoro dell’intero Team. Inoltre, non essendoci la possibilità di provare costantemente le monoposto in pista ed avendo pochi minuti di prova prima della qualifica durante un week-end di gara, il simulatore diventa uno strumento fondamentale di allenamento e di valutazione della preparazione di un pilota.»
Qualitativamente a che livello è il vostro simulatore?
«La qualità di un simulatore dipende molto dagli investimenti che vengono fatti per il suo sviluppo. Il nostro simulatore è uno strumento pensato su misura per un Team di Gp2 e Gp3 con gli investimenti a disposizione di una scuderia del nostro calibro. Ovviamente non sono gli stessi investimenti fatti in Formula 1 e quindi non è uno strumento così altamente sviluppato, però è anche vero che ne viene fatto un utilizzo decisamente diverso rispetto a quello fatto per un team della massima Formula. Sicuramente possiamo vantarci di aver utilizzato il Top di gamma disponibile che un Team come il nostro si può permettere e, inoltre, siamo in continuo sviluppo e miglioramento poiché seguiamo ogni tipo di aggiornamento disponibile. »
Avete riscontrato un “ritorno”, dal punto di vista prestazionale, dovuto all’uso dal simulatore?
«Si senza alcun dubbio. Una delle sue funzioni è quella di togliere la “ruggine” accumulata tra una gara e l’altra, durante le quali un pilota professionista non ha la possibilità di scendere in pista e provare. Ciò permette inoltre di imparare o ricordare le giuste traiettorie, i giusti tempi di frenata e dei cambi di marcia sui vari tracciati che, di volta in volta, il pilota dovrà affrontare durante la stagione agonistica. Piccoli accorgimenti che nel loro insieme permettono al pilota di togliere anche decimi fondamentali sul giro.»
È quindi utile concentrarsi su singoli aspetti quando si lavora?
«Sì, è capitato di indirizzare il lavoro in base ai punti deboli del pilota ed insistere con esercizi e simulazioni specifici per cercare di superare il problema.»
In un raffronto simulatore-realtà, quali sono le sensazioni provate da chi guida?
«È importante tenere a mente che un simulatore è, come dice la parola stessa, uno strumento che simula la realtà ma non che la riproduce esattamente tale quale. Una delle differenze sostanziali con ciò che avviene realmente su un circuito è, ad esempio, la forza centrifuga, misurata in G, che è tuttora impossibile riprodurre nella sua totalità in laboratorio. A tal proposito la Toyota, in Giappone, ha sviluppato un simulatore che permette di arrivare a circa 1 G, cifra ridicola se si pensa che in Formula Uno viene percepita una forza quasi quattro volte più forte di quella riprodotta.
Detto ciò, l’attività sviluppata su un simulatore come il nostro è comunque molto importante poiché i valori ottenuti durante una sessione di simulazione ottengono, nel 90% dei casi, il medesimo riscontro in termini di tempo sul giro anche in pista. Ciò significa che mettendo a confronto il risultato cronometrico ottenuto da diversi piloti durante un giro al simulatore, si può notare che se un determinato pilota è più veloce di un altro nella simulazione, quasi sicuramente lo sarà anche in pista.»
Cosa può quindi acquisire il pilota oltre ai dati tecnici?
«Dal punto di vista puramente sportivo entra in campo un fattore determinante, quello mentale: il pilota deve essere in grado di mantenere la concentrazione per un lungo periodo riuscendo a ripetere lo stesso giro veloce più volte senza commettere errori e senza farsi distrarre da fattori esterni. La sessione al simulatore aiuta in tal senso perché permette, grazie alla continua e forzata ripetizione dell’azione, di memorizzare e, quindi, di automatizzare alcuni gesti strettamente connessi alla guida ed alla conoscenza del tracciato, in modo che il pilota, in gara e/o in qualifica possa dimenticarsene e possa concentrarsi più attentamente ad altre azioni strettamente connesse a quel particolare momento.
Inoltre il lavoro di ripetizione dell’azione permette al pilota di vedere quali sono i suoi errori su ciascun tracciato, di correggerli e quindi di migliorare la propria prestazione.»
Quanto può un pilota, di fatto, migliorare il proprio ritmo gara ed il tempo sul giro veloce grazie al simulatore?
«Dipende anzitutto dal suo bagaglio di esperienza. Prendiamo il caso di un pilota molto giovane che partecipa ad una categoria come la Gp3 dove il tempo riservato alle prove libere è di 45 minuti. In questo caso il pilota in questione dovrà contemporaneamente imparare il tracciato, capire quali sono i punti di frenata migliori, sentire le sensazioni della macchina per definire il set up più idoneo e, eventualmente, trovare le modifiche da apportare alla monoposto. Tutte queste azioni in contemporanea sono difficilmente gestibili, soprattutto per chi ha un piccolo bagaglio di esperienza.
Ed è proprio qui che entra in gioco l’importanza del simulatore: un pilota “allenato” prima del week-end di gara con un intenso lavoro al simulatore ha il vantaggio di conoscere il tracciato, i propri limiti e di evitare gli errori già notati durante la sessione di prova e può quindi concentrarsi sulle varie attività di sviluppo e miglioramento della monoposto.
Diversa invece è la questione per chi ha già una certa esperienza e che quindi conosce già il tracciato e alcune specifiche della monoposto utilizzata: in questo caso il lavoro al simulatore serve soprattutto per rinfrescare la memoria e per compiere del lavoro di “rifinitura” nella guida.»
Sarebbe quindi possibile riconoscere le reali doti di un pilota, sulla base di quanto detto sino ad ora?
«Secondo noi ciò è possibile. Come già spiegato precedentemente il simulatore ci permette di avere delle indicazioni di base sulle qualità dei piloti. Tra i piloti che mettiamo a confronto possiamo avere un’idea di massima di quale pilota andrà più forte durante il week-end di gara, quale sbaglierà meno e così via. Inoltre abbiamo anche la possibilità di comprendere alcune caratteristiche dei piloti che abbiamo di fronte come ad esempio capire se sono piloti un po’ più lenti nell’adattarsi alle conformità del tracciato e della monoposto e che quindi necessitano più esercizio nel raggiungimento del proprio limite rispetto al giro veloce, o se invece ci troviamo di fronte a piloti definiti “one, two, push!”, i quali sono in grado di ottenere un ottimo tempo già dopo pochi giri perché prendono facilmente confidenza con la pista e con la vettura.»
Andrea Villa, Matteo Bramati