È passata una settimana abbondante. Le strutture sono state smontate e tutto è tornato alla normalità. Entriamo con prudenza nella cesta dei serpenti: la Formula E a Roma è stata un successo. Almeno per chi vi scrive. Si è trattato di una delle scommesse più delicate della nostra Capitale (no, il paragone con le Olimpiadi rifiutate non sta minimamente in piedi, un E-Prix costa infinitamente meno di una competizione multisportiva di un mese) da molti anni a questa parte, durante i quali la città più che per le sue attrattive è stata al centro dei riflettori per i suoi problemi. Questi ultimi esistono e sarebbe inutile negarli. Dal punto di vista organizzativo e da quello dell’interesse, però, la classe elettrica del motorsport ha superato l’esame, nonostante un certo scetticismo che ancora circola non solo tra il grande pubblico, ma anche tra numerosi colleghi e operatori di settore.
Sia chiaro, molti dei difetti portati alla luce sono reali. Dopo aver letto diverse opinioni, a dir poco discordanti, mi sono detto che fosse ora di dire la mia. Sono stato all’E-Prix di Roma insieme alla squadra Panasonic Jaguar Racing e quindi ho potuto dare un’occhiata da vicino alla complessa struttura organizzativa della competizione.
Prima di tutto l’organizzazione ha funzionato. Questa era una delle grandi paure, ovvero che una città sotto molti aspetti complicata e delicata come Roma potesse rappresentare un ostacolo di per sé. Così non è stato. Nell’era dei social network siamo ormai abituati ad una certa dose di negatività, ribadita e sottolineata a più riprese da chiunque in una certa zona lavori o viva. Ci dimentichiamo troppo spesso, però, che su Facebook e Twitter le “urla” di indignazione rischiano troppo spesso di essere prese eccessivamente in considerazione o comunque di veder loro attribuito un peso esagerato rispetto alla realtà.
Parliamo della chiusura delle strade, per esempio: un vecchio consiglio è che per conoscere la situazione della viabilità in una città durante un grande evento convenga parlare con i tassisti. Così abbiamo fatto e, naturalmente, in una metropoli già molto trafficata come Roma l’arrivo dell’E-Prix ha portato ad un peggioramento netto della vita in strada. Sicuramente un problema, ma davvero pensiamo che a Montecarlo, una città che praticamente gravita intorno ad una via a due corsie in salita, questo problema non esista? Certo che esiste. E i residenti non si trovano bene. Detto questo, però, in pochi si sognerebbero di rinunciare al Gran Premio di Montecarlo o al Rally. Senza contare che la “famigerata” metropolitana di Roma potrà anche essere scomoda se si è costretti ad usarla tutti i giorni ad orari improponibili, ma il sabato per andare dalla stazione Termini al Circuito dell’EUR è sicuramente una delle modalità di viaggio più comode e meno costose. Commenti e notizie catastrofiste lasciano credere che sia una specie di bolgia infernale, ma possiamo dire che si tratta di un’esagerazione, figlia di tempi troppo social e magari di momenti eccezionali che non sono la regola in città (tipo nevicate impreviste o simili). Anche girare all’interno del circuito non è assolutamente un problema, anche se bisogna armarsi di santa pazienza. File non ne abbiamo quasi mai fatte, tranne forse dopo la festa del podio (ma era ampiamente da mettere in conto). Forse avremmo gradito qualche ponte in più per superare la pista, in quanto a volte per andare dal “punto A” al “punto B” era necessario imbarcarsi in una specie di gioco dell’oca a grandezza naturale. Stiamo però, oggettivamente, andando a cercare il pelo nell’uovo, senza contare che dietro alla scelta di gestire I ponti in un certo modo ci possono essere comunque anche questioni legislative e di sicurezza.
Una gara a Roma quindi è fattibile. Ne è prova la grande partecipazione da parte del pubblico, che ha riempito quasi tutti i posti. I 30.000 biglietti a disposizione sono stati venduti nel giro di poche ore. Allora come mai si trovano molte persone che hanno reputato la gara noiosa o, nel migliore dei casi, troppo “giocattolosa”?
Liberiamo subito il campo dal primo equivoco: chiunque vada a vedere una gara di auto elettriche per poi lamentarsi della mancanza del “suono del motore”, evidentemente di motorsport e di auto non capisce oggettivamente nulla. La cosa può non piacere e questo rientra nel campo delle preferenze personali, ma non può essere un giudizio definitivo sulla categoria. A nessuno di voi verrebbe mai in mente di paragonare la Formula Abarth alla Formula 1, per cui non si capisce cosa ci sia di diverso in questo caso. Anzi, le vetture di Formula E sono anche più potenti di quelle della Formula Abarth, dato che per la stagione 2017/2018 in corso sono passate ad avere 272 Cv in qualifica e 245 Cv in gara, più il famoso “FanBoost”, ovvero un extra di potenza utilizzabile in una finestra di cinque secondi accordato ai tre piloti più votati dai tifosi. Una scelta da videogioco? Può darsi, ma sicuramente coinvolge il pubblico e difficilmente ciò può essere considerata una cattiva cosa. Inoltre questa potenza, è bene ricordarlo, viene “scatenata” in uno spazio infinitamente più piccolo rispetto a quello al quale sono abituati i piloti della classe regina. Parliamo di una pista paragonabile a quella di una prova speciale rally, percorso però da una ventina di vetture contemporaneamente. Il tutto con uno 0-100 completabile in appena 3 secondi (immaginatevi alla partenza) e una velocità di punta da 230 km/h. Felix Rosenqvist, della Mahindra Racing e autore della Super Pole a Roma, ha compiuto il suo giro veloce “gommando” praticamente tutti i muretti del circuito. Guidava quindi assolutamente al limite, con una precisione e una concentrazione che solamente chi ha davvero corso nel motorsport può capire. La Formula E presenta anche diversi vantaggi rispetto alla “sorellona”. Le auto, per loro stessa natura, sono da un punto di vista tecnologico meno complesse e delicate rispetto alla Formula 1 e questo consente, anche dopo degli incidenti, di continuare la corsa senza risentire eccessivamente dell’impatto. Si tratta di una questione di massa, alla fine, non certo di semplicità o di banalità della serie. Infine vi è la questione dei circuiti: la Formula E si adatta incredibilmente alle piste cittadine. Anche per una questione puramente concettuale. Le difficoltà delle vetture elettriche le conosciamo tutti e sono reali. Per questo motivo anche nello scenario futuro più ottimistico queste auto avranno successo prima in città che in ogni altro luogo. Davvero sarebbe così folle che la “formula” elettrica si dedichi completamente ai circuiti cittadini, lasciando le piste vere e proprie alla classe regina?
No, non siamo pagati da nessun costruttore di auto, né abbiamo alcun interesse a scrivere un articolo a favore della Formula E per specularci sopra. Non rappresentiamo nessuna forza politica. Questo pezzo si basa sulla personalissima opinione di chi vi scrive, senza convenienze o accordi di nessun tipo. Come tale può essere discussa e criticata (cosa che vi invitiamo a fare via social e commenti), ma al tempo stesso è assolutamente libera. Ho letto troppi commenti molto negativi sulla Formula E, scritti in alcuni casi con quella che a me è parsa più arroganza e supponenza che una vera e propria valutazione della categoria. La Formula E forse soffre ancora di molti difetti di giovinezza (come il cambio dell’auto a metà gara che però dalla prossima stagione non sarà più necessario), ma è una serie interessante e molto promettente. Non lasciatevi ingannare da chi la boccia solamente perché “non sente il motore del V12”.