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La difficile ripartenza dei rally italiani: gli organizzatori in difficoltà criticano i provvedimenti

Fissati nel motorsport italiano i protocolli per iniziare almeno i test in pista, restano ancora delle incertezze riguardo la possibilità della ripresa delle competizioni su strada. Rispetto alle attività in circuito, infatti, i rally presentano non poche incognite e difficoltà in un momento in cui bisogna mantenere la guardia comunque alta nei confronti del Covid-19.

Preoccupazioni che riguardano non solo i maggiori campionati italiani, ma tutti i vari eventi rallistici che si svolgono nel nostro Paese, soprattutto quelli delle realtà organizzative più piccole. Mentre continuano i rinvii, dalle competizioni Tricolori sino agli appuntamenti delle Coppe di Zona (ultimo in ordine di tempo il Rally dei Nebrodi, previsto inizialmente il 13-14 giugno per essere poi posticipato sine die), gli organizzatori sono costretti a fare i conti con i paletti da osservare per mantenere la massima sicurezza sanitaria, tra obblighi e la immarcescibile burocrazia da fronteggiare. Un settore importante, come quello delle competizioni più piccole e il loro indotto (anche turistico), è a fortissimo rischio.

“Le misure sanitarie per i rally sono difficili da adempiere”

Questi problemi saltano fuori nell’articolo di Stefano Bertuccioli pubblicato su Primocanale.it, in cui il giornalista ha contattato deus ex machina di gare rally italiane, come il Rally della Lanterna, nato nel 1980 e che solo negli ultimi dieci anni ha visto sfilare sulle strade liguri piloti come Paolo Porro, Mauro Miele, Andrea Crugnola, Marco Signor, “Pedro”, Alessandro Gino e persino un certo Sébastien Ogier. Marco Gallo, a capo dell’organizzatore Lanternarally (che si occupa anche del Rally del Golfo dei Poeti), ha espresso la sua preoccupazione sia su quando si potrà ripartire, sia soprattutto sui requisti richiesti per tornare a fare le gare. «Si parla di isolare il parco assistenza ed “oscurarlo” al pubblico, ma nel caso del Rally della Lanterna, che ha il parco allestito nel centro del paese di Santo Stefano d’Aveto come potremmo fare?», ha illustrato la portata del problema Gallo. E continua: «Si parla di dotazioni sanitarie obbligatorie per il personale addetto, anche se opera all’aria aperta e singolarmente. Credo che vada fatta ancora molta chiarezza, non ci resta che aspettare una decisione ufficiale e capire se il 2020 ci darà ancora la possibilità di organizzare una gara. Le spese per i nuovi obblighi sanitari sarebbero insostenibili per una piccola realtà come la nostra, che probabilmente perderà anche i pochi sponsor rimasti a causa di questa grave crisi economica».

Il coronavirus ha causato un effetto domino di sciagure, una generante l’altra, e se da una parte Gallo può solo sperare in un aiuto da parte delle istituzioni locali e sportive («anche se capiamo che il momento sia molto difficile»), dall’altra ritiene scarsamente praticabile l’eventualità di un rally a porte chiuse: un problema per tutte le gare che hanno ad esempio il parco assistenza in pieno centro, e non sperduto da qualche parte lontano dai centri abitati, sia per quanto riguarda le realtà più piccole che per eventi come il Rally Italia Sardegna, che ad Alghero si ritrova con l’area assistenza nella centralissima zona del porto (e trovare nuovi luoghi in concerto con le autorità locali è sempre una piccola odissea burocratica).

“Per i piccoli organizzatori sarà durissima”

Sempre su Primocanale.it troviamo la testimonianza di Adriano Monti, a capo del Castelletto Circuit, che ha spiegato come un conto siano i test in pista, ma altro paio di maniche le gare vere e proprie. «A prescindere dalla validità regionale o mondiale per i piccoli organizzatori sarà durissima», ha argomentato. «Ci sarà bisogno del supporto economico delle federazioni se quello che abbiamo visto nelle bozze del protocollo dovesse concretizzarsi. Sarebbero regole quasi deliranti, praticamente impossibili da far rispettare, con un costo economico assolutamente insostenibile. Senza contare che tutti gli eventi dovranno essere a porte chiuse, quindi senza alcun introito dalla vendita dei biglietti o dai servizi di ristorazione interni. Una perdita nella perdita insomma. Penso che i grandi circuiti e le gare direttamente organizzate dalle federazioni avranno meno problemi, sia per le solide basi economiche che per la logistica più semplice da gestire nei grandi paddock e box».

Un provvedimento che fa discutere, non solo gli organizzatori di gare ma tutto il mondo dell’imprenditoria e del lavoro, riguarda la responsabilità penale del datore di lavoro nel caso di un contagiato, considerato alla stregua di un infortunio professionale. Una equiparazione giudicata giustamente «assurda» da Monti, che ha sostenuto: «Siamo di fronte forse al momento più difficile, penso che saranno necessarie delle assicurazioni ad hoc e che per una gara “piccola” le forze in campo dovranno essere triplicate, sia per quanto riguarda il personale di controllo interno che per la gestione degli accessi. Si parla di sanificazione obbligatoria di ogni veicolo prima dell’entrata in pista, sinceramente mi sembrano cose poco realizzabili. Temo che i piccoli organizzatori siano costretti ad aspettare che l’emergenza sia passata o che arrivi un vaccino. Mi auguro che presto tutto si trasformi in un lontano incubo e che tutti possiamo tornare a vivere la nostra passione».

Crediti Immagine di Copertina: ACI Sport

Luca Santoro:
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