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Ma poi, come è andato a finire il CIR 2019?

Qualche mese fa si consumava una sanguinosa battaglia al calor bianco nel Campionato Italiano Rally e no, non c’entrava il lato agonistico, ma gli strascichi dovuti al famigerato “caso forature”.

Cosa avvenne alla fine del CIR 2019

La storia l’abbiamo conosciuta sino alla nausea, con dei presunti atti di sabotaggio esplosi soprattutto nell’ultimo atto del CIR 2019, il Tuscan Rewind, e che colpirono in particolare gli equipaggi formati da Luca Rossetti ed Eleonora Mori per Citroen e da Simone Campedelli e Tania Canton per Orange1 RacingM-Sport Ford. In soldoni, chiodi disseminati da ignoti sul tracciato di gara, che hanno colpito in particolare questi due binomi chissà per quale motivo. Questo in estrema sintesi la punta dell’iceberg di un pasticciaccio che ha determinato una ridda di accuse, minacce di ritiro dalla competizione (e così avvenne), stracci volanti, premiazioni finali sub judice e via dicendo. Non ci siamo fatti mancare quasi nulla.

La situazione sembrò trovare un primo sbocco nella decisione della Giunta Sportiva di ACI che, dopo aver mosso la Procura Sportiva, restituì podio e punteggio all’equipaggio Citroen, casa che quindi vinse il CIR Costruttori 2019 a scapito di Ford, inizialmente trionfante. Tutto finito? Ma de che, visto che Orange1 Racing aveva nel frattempo sporto un reclamo (che visionammo e commentammo in esclusiva) per congelare e rimettere in discussione le classifiche finali del Tuscan e del Campionato, per la cronaca vinto sul campo da Giandomenico Basso e Lorenzo Granai (finiti loro malgrado in un tritacarne mediatico assieme al loro team).  Ciò avvenne nello scorso gennaio: nel frattempo il CIR 2020 stava per essere presentato e gli equipaggi si preparavano per una nuova stagione. Stagione che poi non iniziò, travolta come il resto del mondo dal coronavirus. Poi il nostro Paese è riuscito ad uscire faticosamente dall’incubo, almeno per ora, e i campionati titolati sono stati ridefiniti nei loro calendari, con la partenza in particolare del CIR a luglio. Il resto è storia (tra l’altro, anche quest’anno si finisce al Tuscan).

Da dove ripartire con il CIR

In confronto a quanto ha vissuto l’Italia nel momento della massima virulenza del Covid-19, i fatti del tumultuoso CIR 2019 sembrano oggi una rissa da bar. La tentazione di lasciarci alle spalle uno dei più assurdi guazzabugli dei nostri campionati rally, e con un colpo di spugna cancellare quell’annata, è forte, come un’ipotesi altrettanto drastica: si racconta che Carlo V, durante una visita ad Alghero (siamo nel Cinquecento), si affacciò da un palazzo nella piazza centrale della città e davanti al popolo pronunciò la frase “Todos caballeros”, tutti cavalieri, forse ammansendo la folla con la distribuzione a pioggia di un titolo nobiliare. E allora tutti cavalieri anche quelli che hanno partecipato al CIR 2019; ma questa iniziativa populista farebbe beffe del principio cardine dello sport, che non è la partecipazione ma il merito. 

Il coronavirus ha messo in secondo piano ogni patema precedente, ed è naturale cullare l’illusione che quanto avvenuto nel Tricolore Rally dello scorso anno sia lontano come il sole all’orizzonte. Eppure quel famoso reclamo di Orange1 Racing è ancora in ballo, e rappresenta la spada di Damocle che potrebbe sovvertire la stagione 2019. Il CIR, insomma, pur alle prese con questioni più dirimenti, non ha ancora chiuso i conti con i fantasmi del passato (anche se ACI Sport è corsa ai ripari, stilando normative ad hoc per prevenire atti di sabotaggio). A luglio partirà finalmente il campionato: a costo di sembrare retorici, sarà un nuovo inizio per tutti e si spera che almeno il 2020 possa essere all’insegna dello sport e non dei chiodi e delle carte bollate. Il movimento del nostro rally non può permettersi altri passi falsi, men che mai in tempi come questi.

Crediti Immagine di Copertina: ACI Sport

Luca Santoro:
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