Se c’è un padre nobile della Formula 1 e del motorsport in generale, la cui statura leggendaria va oltre i risultati in pista, i podi, le classifiche, i record sul giro e tutte quelle cose che aprono le porte degli annali ad un pilota, ebbene quello è Gilles Villeneuve. Dal 2 maggio al 22 luglio una mostra temporanea presso il circuito di Monza ne celebrerà il valore.
A proposito di date, l’8 maggio scorso sono passati 36 anni dalla scomparsa dell’indimenticato canadese in quel Gran Premio del Belgio del 1982, in un’epoca dove la sicurezza arrivava qualche chilometro dopo lo spettacolo e l’istinto dei piloti. Oggi l’attuale Formula 1 ha ridotto ai minimi termini i pericoli in pista (anche se il rischio zero non esiste, come ci insegna la straziante storia di Jules Bianchi), ponendo l’enfasi sulla tecnologia spinta e sul peso specifico dei regolamenti: a noi che viviamo nell’epoca dell’Halo sembra essere passata un’era geologica da quella di Villenueve padre, Lauda, Hunt, Hill senior, con Jackie Stewart che all’epoca rappresentava la vox clamantis in deserto per rendere più sicura la Formula 1. E quando vediamo in pista un arrembante giovane pilota come Verstappen che a volte ci ricorda l’impeto aggressivo, istintivo, a volte distruttivo dei tempi che furono, con il cuore gettato oltre l’ostacolo, ci sembra quasi un evento anacronistico, con qualcuno che azzarda a dire, con un po’ troppa grazia, che il talento della Red Bull «ricorda Villeneuve» (non ditelo al figlio, unico canadese iridato nella F1, che non spese parole molto edificanti per l’altro figlio d’arte Max).
Villeneuve appunto prendeva il toro per le corna e affrontava il rischio, come va va: parte del pantheon della Ferrari, che guidò dopo l’esperienza in McLaren dal 1977 al 1982, l’Aviatore non vinse mai un Mondiale, e al massimo salì sul podio al secondo posto nell’edizione del 1979, oltre a vincere in carriera 6 GP. Ma il confine tra storia e leggenda lo superi non per i trionfi che ottieni, ma per quello che dai dentro e fuori le piste per raggiungerli, e questo era Villeneuve. Ed è così che per ricordarlo e celebrarlo, e farlo conoscere a chi ancora non ha ben presenta la sua figura e la sua importanza (o l’unico Villeneuve che ha presente perché troppo giovane è Jacques), è stata allestita la mostra che fino a luglio si terrà presso il Museo nel Circuito di Monza (in via Vedano numero 5). “Gilles Villeneuve. Il mito che non muore“, questo è il titolo dell’esposizione temporanea, è curata da Giorgio Terruzzi, autore dei testi, e da Ercole Colombo, che firma il repertorio fotografico. Il percorso parte dal 1977 e si conclude nel 1982, e farà immergere il visitatore in una epoca che non tornerà più del motorsport, ma che non va dimenticata ed omaggiata.
Ulteriori informazioni. La mostra è visitabile giovedì e venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18, mentre sabato e domenica orario continuato dalle 10 alle 19; dal lunedì al mercoledì invece è chiusa. Il biglietto intero costa 9 euro, il ridotto 7 (dai 13 ai 18 anni, over 65 e gruppi dalle 15 alle 30 persone) e i bambini dai 6 ai 12 anni e le scuole pagano invece 5 euro. Gratis invece per giornalisti con tesserino, accompagnatori sia di gruppi che scolaresche, i bambini sotto i 6, disabili muniti di certificato di invalidità superiore al 74% e il loro accompagnatore. Per altre informazioni si può contattare il numero 039/24821 oppure 02/36638600.