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CIR | Simone Campedelli: “Abbiamo fatto degli errori ma siamo consci del grande lavoro svolto” [INTERVISTA]

È stato un anno intenso e complesso per Simone Campedelli, il pilota classe 1986 che ha intravisto nel finale di stagione del Campionato Italiano Rally 2018 la chance di poter ottenere il titolo Tricolore. Guidato da quest’anno dalla esperta navigatrice Tania Canton sulla Ford Fiesta R5 per il team Orange1 Racing, il cesenate ha vissuto un anno in bilico su quella linea sottile che separa il trionfo dalla frustrazione, ondeggiando tra un estremo all’altro.
Ai podi di inizio anno al Rally del Ciocco e al Sanremo sono seguiti i ritiri e le difficoltà alla Targa Florio, all’Elba e al Roma Capitale, dove l’equipaggio e il team hanno probabilmente toccato lo zenith della sopportazione di fronte all’avversità. Ma nel mezzo tante prestazioni di livello, con degli ottimi tempi segnati su una vettura con cui il feeling si è rivelato più volte ottimo, i successi sul podio di prove su sterrato come il San Marino o il Rally Adriatico: Campedelli non si è risparmiato nulla quest’anno, neppure la beffa nella prima speciale dell’ultimo round del Tricolore, con quel problema elettronico che ha fatto salutare i sogni di gloria ad un pilota che era terzo nella classifica conduttori del CIR in quel momento, a soli 5,5 punti dalla vetta.

Sulle strade dei rally sin dal 2004, conquistando tra l’altro il Tricolore Junior nel 2011 con Citroen -con cui ebbe una fortunata collaborazione – oggi Simone Campedelli traccia un bilancio della stagione appena conclusa e guarda al futuro, con intatta la determinazione di poter conquistare quel trionfo che conferirebbe ulteriore lustro alla sua carriera. Abbiamo parlato con lui del Campionato appena andato in archivio, analizzandone i momenti chiave e facendo il punto della situazione. Ne è scaturita una conversazione con molti spunti interessanti e destinati a non rimanere sotto traccia, anche riguardo al suo futuro.

Il CIR 2018 e il feeling con la Ford Fiesta R5

A mente fredda, come giudichi questa stagione appena archiviata? Pesa più il rammarico delle occasioni perse o la soddisfazione delle prestazioni che sei riuscito a raggiungere con la Ford Fiesta R5?

Difficile esaminare la stagione adesso, ma è stata una annata di campionato al di sotto delle aspettative considerato il risultato finale. D’altro canto c’è consapevolezza, più che soddisfazione, che l’ottimo lavoro svolto da fine 2017 all’inizio di quest’anno mi abbia portato ad essere molto spesso il più veloce sull’asfalto. Siamo consci quindi di aver fatto un grandissimo lavoro; purtroppo però questa è stata una stagione in cui siamo partiti in ritardo non per causa nostra, poiché abbiamo dovuto affrontare la decisione di BRC a ventotto giorni dal campionato di non poterci più supportare, e a quel punto siamo dovuti correre ai ripari: ma non è facile trovare squadre pronte a lottare per il titolo e la vittoria. È un clima che va costruito da zero, ci è voluto un po’ di tempo, perciò il nostro inizio è stato in salita.

Sono ormai circa tre anni consecutivi che guidi la Fiesta R5: è la vettura con la quale in carriera hai avuto il miglior feeling?

La Ford Fiesta è sicuramente la vettura con la quale ho aperto questo nuovo ciclo della mia carriera nel CIR, e posso dire di avere un ottimo feeling, riesco a guidare la vettura con i differenti set up e con una buona capacità di adattamento: anche senza fare tanti chilometri di test riesco subito a prenderla in mano. Si, è proprio la vettura con cui mi trovo meglio: il modello perfetto è quello del 2016, anche se alimentato a Gpl e quindi con dei leggeri handicap rispetto alla versione benzina, ma in quell’anno la squadra era estremamente motivata per vincere, spingeva tantissimo sullo sviluppo del set up. Anche se probabilmente la Fiesta non è più quella di oggi, ovvero più performante, in quel 2016 la vettura in quel momento era la più sviluppata, a posto con il settaggio per ogni singolo evento proprio per il motivo che ho detto, ovvero il team che puntava a vincere il campionato. Da lì in poi ci siamo invece più limitati ad avere un’auto standard.

Resistere di fronte alle avversità

“Abbiamo sbagliato nelle strategie e nelle scelte, e anch’io ho commesso degli errori, come quella volta al Rally d’Elba”

 

Spesso hai impressionato nella tua capacità di mettere a segno degli ottimi tempi, e questo stride con la sfortuna che nel 2018 è stata molto precisa nel colpirti. Arriva un momento in cui la frustrazione è tale, soprattutto per un equipaggio come il tuo in lotta sino alla fine per il titolo, da mettere in discussione il proprio lavoro e spingere a voler gettare la spugna?

Una volta credevo nella sfortuna: oggi invece credo nel lavoro, nella capacità lavorativa del gruppo, nella coesione della squadra e quindi non credo che siamo stati sfortunati. Abbiamo costruito sì, ma non siamo stati in grado di consolidare tutto gli sforzi e l’impegno profuso questo inverno per migliorare sulla strada ed essere più veloci, sia in termini di note che di traiettorie. E questo si è visto nelle prestazioni in prova, dove molte volte siamo risultati i più rapidi, vincendo delle speciali, ma abbiamo peccato in generale nelle strategie, nella direzione, nelle scelte, e questa è una cosa che arriva anche da tutto quello che è il lavoro che c’è dietro da parte dei collaboratori, i quali devono remare tutti in una direzione, decidere quando fare o meno un test, impostare la strategia di gara, andar via con una gomma di scorta o due… Abbiamo fatto degli errori grossolani: anch’io ho sbagliato quando ero in testa all’Elba, perché nonostante da fuori sembrasse che le cose fossero ok, avevamo comunque dei problemi di apertura pop-off [il dispositivo che limita le pressione di un turbocompressore e che serve a conservare l’integrità della valvola a farfalla in fase di rilascio dell’accelerazione, ndr] sulla vettura; in quel caso dovevo dare il 120% per riuscire a rimanere in testa, ma al tempo stesso mi sono esposto ad un rischio troppo grosso. Dovevo essere perciò anch’io più lucido nel considerare la possibilità che, qualora ci fosse un problema, bisogna limitarsi a spingere per il 98% e non il 120, altrimenti ci si espone a troppi rischi.

Per quanto riguarda il gettar la spugna, questo mai, perché il rally è la mia passione e ciò per cui ho lottato da quando ho 18 anni. Quindi ci sta un periodo negativo, che va esaminato, oltre a capire dai proprio errori ed avere la forza di rialzarsi sempre: questo sino a quando la passione mi sorreggerà e la mattina mi sveglierò felice di fare il pilota. Sino a quando sarà così, non credo che mi arrenderò mai.

La consistenza è il termine più usato nel mondo del rally per descrivere una delle doti fondamentali di un pilota che ambisce alla vittoria: nonostante la tua esperienza in questo mondo, manca ancora qualcosa per arrivare a quella costanza di successi che potrebbe fare la differenza?

La consistenza dei piloti arriva anche dalle situazioni che si creano. Preciso due cose: innanzitutto, nonostante siano tanti anni che corro, questa è la mia seconda stagione nel CIR, perché nel 2016 sono partito ad anno iniziato, cambiando le auto ed approdando in BRC. Il 2017 è stata la mia prima vera stagione, e il 2018 lo stesso a tempo pieno. Bisogna sempre vedere anche il contesto che circonda il pilota. Io nel 2016 sono entrato in una grande squadra, l’anno dopo la stessa formazione aveva obiettivi diversi, e quindi il programma era più standard, non tanto impostato sulla vittoria quanto sull’aspetto commerciale. Questo invece doveva essere l’anno della consacrazione, dell’essere davvero consistenti, ed invece a ventotto giorni dall’inizio del CIR, come ti accennai, siamo stati costretti a cambiare team, subendo una scelta che ha compromesso buona parte della stagione. È importante perciò accostare alla parola consistenza anche il contesto in cui bisogna produrre questa dote. Ci si dimentica spesso che quando ci sono delle situazioni positive, definite, in cui si rema tutti per un unico obiettivo, allora quest’ultimo è più facile raggiungerlo. Ad esempio, io ho fatto due anni da pilota ufficiale Citroen in cui si puntava a dimostrare il valore della DS3: vinsi 15 gare su 16, con avversari del calibro di Nucita e Crugnola. Quindi abbiamo lasciato poco spazio ai rivali, certo, ma c’era anche una squadra che lavorava completamente per noi, cosa che ci dava la tranquillità per pensare solamente a guidare. Come Orange1 Racing stiamo attualmente lavorando per ritornare in quella condizione.

La collaborazione con Tania Canton

 

“Ho optato quest’anno per una navigatrice: le donne sanno essere molto precise e scrupolose. Ci sono state delle incomprensioni, ma le abbiamo superate senza problemi”

 

Quest’anno hai avuto al tuo fianco una navigatrice dalla grande esperienza come Tania Canton. Ora che la stagione si è chiusa, che bilancio potresti fare della vostra collaborazione? La sintonia è stata perfetta o ci sono stati dei momenti di incomprensione? Lavorerete ancora assieme?

Quest’anno, dopo tanti anni, ho deciso di correre assieme ad una navigatrice: la cosa ha comportato alcuni vantaggi che mi hanno spinto ad optare per questa scelta, come anzitutto la precisione delle donne. Loro sanno essere molto scrupolose ed attente, e il ruolo del navigatore si addice molto a queste doti, al non lasciare nulla al caso. Inoltre il tono di voce femminile si adatta molto al mio orecchio, e poi la leggerezza, in un ambiente in cui si ricerca la massima prestazione, è importante: mi riferisco ai 20-25 kg in meno nell’abitacolo, che è come avere una ruota di scorta in meno nell’auto.

Mi sono trovato molto bene con Tania, abbiamo costruito un ottimo rapporto e si è impegnata tantissimo in questo campionato, in particolare prima della stagione. Quasi tutte le settimane infatti ci vedevamo per provare, fare note, capire come scriverle al meglio, per imparare il mio metodo, guardare i camera car: entrare insomma nel mio modus operandi che è molto dettagliato e laborioso perché io segno tutte le schede set up; abbiamo inoltre uno storico nostro che possiamo portare ovunque, anche se cambiamo vettura o team… in pratica una archiviazione di dati impegnativa che Tania ha sostenuto. Continuerò sicuramente a correre con lei perché ci siamo trovati bene. Momenti di incomprensione? Ci sono stati, ma gli abbiamo superati assieme, anche perché siamo umani: io sono il primo che commette errori, come lei, ma può succedere e dobbiamo lavorare per ridurli. Ma quando c’è buona fede e la volontà di migliorarsi ci sarà anche gran parte della soluzione ai problemi.

La pietra dello scandalo

 

“Noi piloti siamo assolutamente giudicabili se facessimo qualcosa di errato, in prova rischiamo anche il ritiro della licenza: non capisco perché quando si parla di Direttori di Gara o di Organizzatori non venga usato lo stesso metro”

 

Al Rally di Roma Capitale probabilmente c’è stato il momento di maggior tensione in questa stagione. In quei giorni scrivesti sul tuo profilo social che non era il vostro anno, mentre il presidente Donazzan ha annunciato la volontà di ritirare Orange1 Racing dal campionato. Da qual momento si è rotto un rapporto di fiducia con il CIR e chi lo organizza oppure c’è spazio per una ricomposizione?

Il Rally di Roma Capitale è una delle gare che preferisco nel CIR. Nutro una profonda stima per Massimiliano Rendina, che è riuscito a portare il Campionato Europeo in Italia e soprattutto nel contesto del Tricolore. La critica che anch’io come pilota ho mosso è stata solo relativa ad una pietra: so benissimo che un rally non si possa controllare al 100% in quanto non si tratta di una pista, ma la mia unica osservazione era dovuta al fatto che quel sasso era stato già incontrato da almeno sei-sette vetture: mettiamo sette di esse, a due minuti di distanza, fanno quattordici minuti per la precisione, un tempo utile che non è stato sfruttato dalla Direzione Gara per prendere una scelta e fermare le partenze, nonostante a fine prova ci fossero commenti oggettivi sulla presenza della pietra in mezzo alla strada.

A mio avviso quel masso è stato piazzato da un fanatico, chiaramente non controllabile dalla organizzazione. L’unica cosa che io mi sono permesso di dire è che qualora si verifichi una situazione di pericolo del genere bisognerebbe allora imporre una regola federale più ferrea possibile in fatto di sicurezza. Avrei auspicato una richiesta da parte dell’Addetto alla Sicurezza – e qui faccio i nomi – Luciano Tedeschini, per avere un maggiore approfondimento in Direzione Gara, con lo stesso Direttore, ed una volta appurata la gravità dell’accaduto prendere magari anche un provvedimento. Noi piloti siamo assolutamente giudicabili se facessimo qualcosa di errato, in prova rischiamo anche il ritiro della licenza: non capisco perché quando si parla di Direttori di Gara o di Organizzatori non venga usato lo stesso metro [in realtà dal prossimo anno è previsto un sistema premiante e penalizzate per gli organizzatori delle varie tappe del CIR, secondo le proposte della Commissione Rally ACI Sport ratificate dalla Giunta Sportiva, ndr]. Non mi sento assolutamente rappresentato da un Responsabile Federale, addetto alla sicurezza, che ogni volta ci dice di fare eventualmente degli esposti in forma privata, invece che prendere le difese o come minimo esaminare la cosa in maniera opportuna, per poi trarre le proprie decisioni. Secondo me un responsabile che funge da filtro fra organizzatore e piloti deve fare questo: verificare bene la situazione e decidere se continuare o archiviare il caso. Io la vedo così.

Nella seconda metà della stagione Orange1 Racing ha alzato la voce contro la Federazione e un vostro concorrente, arrivando persino alle vie legali. Ora si sa che un equipaggio ha la mente rivolta esclusivamente alla gara e che tu e Tania non siete coinvolti direttamente nella iniziativa del presidente Donazzan, ma com’era il clima nel team quest’anno? Si avvertiva una certa tensione? Avete ricevuto attestati di solidarietà, magari non in maniera eclatante, da altre squadre o altri equipaggi?

Orange1 ha alzato la voce contro la Federazione per i motivi che ti ho citato sopra, perché comunque un evento grave che poteva coinvolgere qualsiasi persona è stato passato in cavalleria, non facendo nulla. Secondo me si parla tanto di sicurezza ma se poi succedono cose così e non si fa niente… Il nostro team voleva sensibilizzare su questo argomento. Per quanto riguarda l’esposto non entro in merito. A me piace guidare, quando si corre in campionato e siamo a fine stagione c’è sempre un po’ di tensione, ma queste sono scelte che attengono al presidente. Non ho avuto solidarietà da altri, o meglio, non da tutti, ma anzi ho ricevuto anche delle minacce personali. Ma queste cose a me danno forza, come nel Rally Adriatico e poi al Due Valli prima dello spegnimento della vettura. Cerco di trasformare queste cattiverie che vanno al di là dell’aspetto sportivo in stimoli postivi, perché mi sento forte e voglio continuare ad essere totalmente indifferente a queste persone che non meritano alcuna risposta.

Il futuro del CIR

 

“Non è tutto sbagliato, anzi, bisogna riconoscere le cose che vanno bene”

 

La prossima stagione del CIR promette una serie di novità, ma in generale è saltato più volte fuori il discorso di riconsiderare il format. C’è chi è nostalgico della doppia gara vista gli anni scorsi, chi vorrebbe non vedere più le prove spettacolo nei parcheggi con le rotoballe, e chi teme la possibilità quasi certa che dal prossimo anno si riducano ulteriormente le prove su sterrato. Il Tricolore, inoltre, non offre la chance a chi primeggia di potersi lanciare in altre serie e campionati, magari internazionali: insomma non è attualmente un trampolino di lancio. Da pilota, quale potrebbe essere la ricetta per rilanciare ulteriormente il CIR?

Credo che il discorso del CIR non sia facile. A me il format non mi è dispiaciuto quest’anno: molto compatto, ha attirato nuovi piloti privati, visti in particolare sugli asfalti, mentre sulla terra la situazione è un po’ più difficile. Personalmente spero in una competizione dove gli sterrati possano aumentare: non faccio numeri, se poi non sarà possibile pazienza, ma il mio appello è quello di non togliere questo tipo di fondo. Anzi, se riusciamo aumentiamo le gare su terra, per creare un campionato equo. Le prove spettacolo sono belle televisivamente parlando, fanno bene al pubblico, sono intuitive e positive per gli sponsor: penso che chi se ne lamenta è perché in questo tipo di prove non va bene, così come sulla terra. Ma serve tutto alla fine. Il mio pensiero è che per avere un Tricolore sempre migliore bisogna lavorare sui dettagli: le gare hanno cornici fantastiche, anche se non tutte, e in quel caso o vanno tolte o si adeguano allo standard del campionato italiano che si deve elevare rispetto agli altri campionati; per le prove spettacolo magari bisogna trovare dei contesti non dico come il piazzale del supermercato come all’Elba (tappa fantastica tra l’altro), ma sistemare la PS in questione in un’altra location, come fanno nello Storico di Capoliveri e dare così ulteriore lustro alla gara. Piccole cose, che potrebbero migliorare ulteriormente quello che per me è stato comunque un bellissimo campionato. Voglio fare i complimenti alla Federazione che è andata nella direzione di aggiungere più spettacolo, far intervenire più pubblico, creare PS molto partecipate. Non è tutto sbagliato, anzi, bisogna riconoscere le cose che vanno bene.

Il futuro di Simone Campedelli

 

“Sono grato di tutto quello che il presidente ha fatto per me in questi anni, rilanciandomi come pilota”

 

Il presidente Donazzan ha affermato di valutare programmi più internazionali che nazionali per la prossima stagione, mentre dopo il Due Valli tu hai detto di essere pronto per tornare nel CIR per lottare nuovamente per il titolo. In buona sostanza, dove ti vedremo nel 2019?

Vedremo. Sono grato di tutto quello che il presidente ha fatto per me in questi anni, rilanciandomi come pilota. Io ho l’ambizione di rimanere nel CIR, continuare a fare il professionista nell’Italiano, e quindi spero di poterlo convincere a proseguire su questa strada. Se lui vorrà intraprendere programmi internazionali, non escludo che magari, sotto questo aspetto, le nostre strade si dividano. Vedremo, c’è tempo, ognuno di noi è molto tranquillo e rilassato con le proprie scelte, c’è tanta stima tra noi ma anche massima fermezza da parte di entrambe le parti sugli obiettivi. Io ne ho uno, se lui ha deciso di cambiarlo questo non sarà condivisibile per me.

Luca Santoro:
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