Faccia a Faccia: Michela Cerruti, un anno dopo

Formula E e 24 Ore gli argomenti toccati nella nostra intervista

Faccia a Faccia: Michela Cerruti, un anno dopo

Un anno dopo il nostro primo incontro abbiamo avuto nuovamente il piacere di intervistare Michela Cerruti. L’avevamo lasciata mentre correva in Auto GP, dove ha poi trionfato ad Imola, mentre a settembre ha preso parte al nuovo campionato creato dalla FIA, la Formula E: a bordo della monoposto del Team Trulli ha partecipato ai primi quattro Gran Premi. Poi il ritorno alle ruote coperte con la BMW Z4 GT3 del team Walkenhorst, dove guidando sul celebre Nürburgring in occasione della 24 Ore ha colto un gran sesto posto. Sempre con la Z4, questa volta del Team ROAL, ha preso parte al Campionato Grant Turismo, il quale ha fatto tappa all’Autodromo Nazionale di Monza quest’ultimo weekend di maggio, dove eravamo presenti. Con la sua solita chiarezza, simpatia e spontaneità Michela ha affrontato le nostre domande riguardanti le sue esperienze ed il motorsport in generale. Ecco cosa ci ha raccontato.

Michela, come hai trovato il format della Formula E?

«È il primo anno per questo campionato e ci sono sicuramente alcune cose da aggiustare. Io l’ho trovato molto divertente ed interessante, credo che gli organizzatori abbiano fatto un ottimo lavoro creando questo nuovo ‘concept’ che porta le gare nelle città, avvicinandosi moltissimo alla gente. Inoltre l’evento si svolge tutto in una sola giornata, rendendo le cose parecchio difficili ed al contempo stimolanti, ci si annoia poco».

Un campionato di auto elettriche è davvero il futuro del motorsport?

«No, non credo che tutto il motorsport possa diventare elettrico e nemmeno ne sarei contenta, personalmente. Le auto elettriche dovrebbero avere un impiego maggiore sulle strade di tutti i giorni, questo invece sarebbe un bel passo avanti».

Abbiamo individuato alcuni punti di forza della Formula E. Da pilota dicci cosa ne pensi:

Il fatto di avere monoposto uguali, che possono differenziarsi per pochi elementi.

«È un concetto simile al monomarca: vetture uguali con stesso motore, carrozzeria ecc. dove l’unica cosa che i team possono gestire – e ciò determina il buon andamento di una gara in Formula E – sono le mappe motore. Se si vedono alcuni team dominare la scena in determinate gare è perché riescono a creare mappe tali per cui si ha il giusto compromesso tra performance e consumo di energia. Un singolo elemento può creare così tanta differenza non in qualifica bensì in gara. Dall’anno prossimo già ci saranno più differenziazioni: il motore ed il cambio saranno personalizzati da team a team. Sarà interessante vedere chi riuscirà a costruire qualcosa di ‘speciale’ che gli farà avere la meglio».

Correre su circuiti cittadini situati in grandi metropoli.

«È bella come esperienza, molto. Io non avevo mai corso su circuiti cittadini ed è chiaro che magari si vive un po’ meno la velocità pura, il grip è inesistente ed i muri sono vicini, è quindi anche rischioso. Per come hanno creato questa macchina e per la velocità a cui può arrivare tali circuiti sono ideali. Rispetto alle vetture con motore a scoppio alla Formula E manca proprio la velocità pura ed un circuito cittadino, così stretto e con tanti toboga creati apposta dagli organizzatori sono adattissimi alle caratteristiche delle vetture, facendo sì che ci si diverta anche se non si hanno grandi velocità».

L’approccio molto attivo sui social ed il “fan boost”.

«È una cosa al passo con i tempi, a me sembra un’idea molto carina. Bisogna considerare che il fan ama essere coinvolto e se in più può ‘mettere mano’ concretamente sulla gara del suo pilota preferito è incentivato poi a guardarla. Si crea più movimento, più divertimento ed il fan boost può aiutare nel sorpasso senza essere per questo determinante. Certo, se lo sai usare bene puoi anche guadagnarti il podio ed è tutto a tuo vantaggio, però è soprattutto un modo per far entrare il fan nel vivo della corsa. Che poi siano nate polemiche al riguardo, come il ‘fan che decide la gara votando per il boost’ le trovo eccessive».

Com’è non sentire il rombo del motore quando sei in macchina?

«All’inizio è una cosa strana, ci si sente un po’ soli! Poi pian piano ci si abitua abbastanza ed un po’ di rumore lo si sente comunque. Più che altro per chi guarda da fuori è tutto silenzioso, si sente solo il fischio del propulsore elettrico però ci si abitua alla fine, è un po’ strano ma non rende la cosa più brutta».

Passiamo ora alla 24 Ore del Nürburgring. Lasciamo a te il piacere di raccontarci tutte le emozioni di una delle gare più spettacolari che esistano e che hai potuto vivere personalmente.

«Indubbiamente la mia migliore esperienza nel motorsport finora. Quando ho iniziato a correre cinque anni fa ed ho iniziato a conoscere le 24 Ore, ho sempre pensato tra me e me che avrei voluto prendere parte a quella del Ring. Perché ho sempre pensato che fosse qualcosa di speciale, nonostante il circuito metta molto timore  all’inizio. Quando si gira per la prima volta non si è certi di essere in grado di affrontare un’esperienza del genere, poi una volta preso il ritmo a bordo del GT3 cambia tutto. La prima volta che sono scesa dalla vettura sembravo una bambina che aveva appena fatto un giro sulle montagne russe, è stata una cosa esilarante. Io fino ad ora avevo fatto tre 24 Ore, quelle di Spa, senza essere mai riuscita a finirle come avrei voluto. La 24 Ore l’ho sempre vissuta un po’ male perché so che è dura, costa tanta fatica e per me  non vedere il traguardo per ben due volte è stato scoraggiante.

Qui al Nürburgring è stato bello. Per me sarebbe già stato tantissimo finire la corsa, l’obbiettivo del team era giungere nei primi dieci, essendoci tanti team ufficiali che dispongono di vetture molto competitive e stargli dietro è difficile, se no quasi impossibile. C’è stato un po’ di dispiacere per la non vittoria della BMW in generale ed erano quasi più contenti del nostro sesto posto come team privato, che del secondo del team ufficiale. Ero molto soddisfatta. Non dico che avrei rifatto tutto il giorno dopo, però! (ride, ndr).

È stato qualcosa di massacrante ed un’emozione grandissima. Ecco, la settimana dopo l’avrei rifatta, ma non prima!».

Spa o Nürburgring: qual è il tracciato più impegnativo per una 24 Ore?

«Le 24 Ore sono sempre gare diverse tra loro. In base al circuito la gara endurance cambia ed un giorno spero di poter provare anche l’esperienza di Le Mans, un’altra emozione molto forte che ti segna per sempre. In sé per sé la 24 Ore costa tanto lavoro e sforzo già diverso tempo prima che cominci che finirla è qualcosa di inspiegabile, a livello di soddisfazioni e di emozioni.

Quando poi tutto è andato alla perfezione è ancora più irreale, soprattutto al Ring, dove ne succedono di ogni in qualunque momento e sezione del tracciato. Pensavo “La prossima potrei essere io” vedendo diversi incidenti causati dall’asfalto umido o da macchie d’olio, non da errori causati dal pilota. Serve anche molta fortuna durante queste competizioni, evidentemente lei era in debito con me in questi ultimi tre anni e mi ha restituito tutto!

Non c’è nulla come percorrere gli oltre 20 chilometri del Nürburgring, è speciale, profuma di storia ed è bello che ci sia ancora un circuito così».

Cos’ha significato per voi il sesto posto finale?

«Per noi è valso come una vittoria. Se penso a cosa poteva essere salire su un podio non credo avremmo retto il colpo, saremmo svenuti tutti!».

 

Andrea Villa, Matteo Bramati

 

Foto credits:

Michela Cerruti Official Fb Page

Formula E Official Fb Page

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